Utero in affitto, la vicenda degli italiani in Argentina: ecco perché Fratelli d’Italia ha ragione

La vicenda dei due italiani fermati in Argentina per l’apertura di un’indagine da parte delle autorità locali nei confronti, da quanto si apprende, dei loro intermediari per il presunto sfruttamento di una donna in difficoltà economica nella pratica della maternità surrogata, ci racconta in sostanza, anche se le accuse non saranno confermate, che il centrodestra italiano ha fatto bene a rendere la gpa un reato universale, perseguibile cioè anche all’estero.

La legge Varchi, dal nome della deputata di Fratelli d’Italia prima firmataria della proposta da poco approvata in entrambe le camere del Parlamento, non c’entra nulla con la vicenda, essendo i fatti antecedenti all’approvazione della norma, ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Ma il fatto è comunque emblematico, dal momento soprattutto che in Argentina la gestazione per altri non è vietata ma neppure regolamentata: le autorità locali hanno infatti bloccato la coppia di uomini italiani con accuse importanti rivolte all’agenzia che avrebbe messo in contatto i due con la 28enne argentina, come tratta di esseri umani, vendita e appropriazione di minori. Il sospetto è che la donna che ha dato alla luce la “loro” bambina, nata il 10 ottobre scorso, sia stata sfruttata economicamente. La coppia, con la neonata e la madre biologica erano pronti a partire alla volta dell’Europa, quando sono stati fermati: per le autorità, infatti, la donna si trova “in una situazione di estrema vulnerabilità”, venendo quindi contattata in virtù di questo per dare alla luce la bambina. Per la legge argentina, la neonata è figlia della madre biologica e di chi acconsente a diventare genitore, in questo caso uno dei due italiani. Ad attirare le attenzioni di chi indaga, ci sarebbe il fatto che questi sarebbe stato in Argentina soltanto una volta, nell’agosto del 2023: è quindi impossibile che sia lui il padre biologico. In più, l’uomo è residente in Italia, la donna a Rosario, a nord di Buenos Aires. Questa sarebbe, dunque, in difficoltà economiche: non ha un lavoro, non ha un titolo di studio ed è madre di una figlia piccola. Per dare avvio alla pratica, gli intermediari avrebbero messo a sua disposizione test clinici e cure, un contratto di assicurazione e un affitto per una casa. Poi sarebbero arrivati i pagamenti: circa 10mila euro. La 28enne pare che non fosse nuova alla pratica, prestandosi da circa dieci anni alla gpa.

La bambina nata il 10 ottobre non sarà certo toccata dalla nuova legge italiana che rende la pratica reato universale, né lo saranno i due genitori gay per la irretroattività della norma. Ma tutta la vicenda ci dà dimostrazione di cosa si nasconde dietro a una pratica che viene raccontata come la libera scelta di una donna emancipata: nella maggior parte dei casi non si tratta di donne libere, ma di persone in difficoltà economica che commercializzano i propri corpi e quello dei bambini che portano in grembo in cambio di denaro. È mercificazione, questa, del corpo delle donne e del nascituro e non è un caso se parte delle femministe, quelle dure e pure e slegate dall’ideologia politica progressista, combattono la pratica woke. Un motivo che conferma, quindi, perché la battaglia di Fratelli d’Italia contro l’utero in affitto è sempre stata giusta e sacrosanta.

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