Vandalizzata foiba Basovizza alla vigilia del Giorno ricordo dai “nostalgici rossi” di Tito 

Tre scritte, in lingua slava, sono comparse stamani alla foiba di Basovizza, una delle quali è “Trst je nas” (Trieste è nostra) e un’altra “Trieste è un pozzo”, nei pressi della foiba. Poco prima delle 10 sono giunti operatori che cominceranno a breve a cancellare le scritte. Stamani è prevista una cerimonia alla foiba mentre lunedì ci sarà la cerimonia per Giorno del Ricordo, alla quale partecipa la sottosegretaria alla Pubblica istruzione Paola Frassinetti.
La stessa Frassinetti, in una nota, stigmatizza come :”la scorsa notte un vile atto di vandalismo ha colpito la Foiba di Basovizza,luogo simbolo della nostra memoria storica. Proprio nei giorni che precedono il 10 febbraio,Giorno del Ricordo,sono comparse scritte offensive in lingua slava,tracciate con vernice rossa. Un gesto inaccettabile,che offende il ricordo delle vittime e ostacola il cammino verso una memoria condivisa. È tempo di superare simboli divisivi e di promuovere una vera riconciliazione,fondata sulla verità e sul rispetto della storia. Oggi sarò a Basovizza con alcune scolaresche per spiegare a ragazze e ragazzi il significato di questa tragedia e quanto sia grave un gesto come questo,che uccide ancora una volta le tante vittime di una pagina così dolorosa della nostra storia”. 
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’intervento del senatore di Fratelli d’Italia, Roberto Menia, triestino, vicepresidente della Commissione Esteri e difesa” “insozzare Basovizza è abisso della vergogna e dell’odio.Non denunciavo a caso che si stesse avvelenando il clima verso – e soprattutto contro – il Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata. Dopo giorni di dichiarazioni negazioniste, dileggi gratuiti e lapidi divelte, ora si è colpita la foiba di Basovizza, monumento nazionale, insozzata e violentata di scritte oscene e ributtanti tra le quali spicca il motto slavo ‘Trst je nas’, cioè Trieste è nostra, quello che usavano i titini ottanta anni fa, quando occuparono la città e la proclamarono annessa alla Jugoslavia seminando morte e terrore. Basovizza non è solo un monumento di pietre e ferro. È una grande tomba, cinquecento metri cubi di cadaveri, di fronte ai quali ci può essere solo pianto, silenzio e rispetto. Il rispetto dei morti segna il corso di una civiltà e la nostra tradizione, italiana e cristiana, ci ha insegnato la Pietas: chi non la riconosce è un barbaro sprofondato nell’abisso della vergogna e dell’odio. Singolare che ciò avvenga nello stesso mattino in cui si celebrano Gorizia-Nova Gorica, capitale europea della cultura alla presenza dei Presidenti della Repubblica italiana e slovena. Come Trieste, anche Gorizia, fu sottoposta all’orda sanguinaria titina nel maggio-giugno del 1945: chissà se, di fronte al monte Sabotino che domina le città e su cui oggi, non ottanta anni fa, è ancora scritto a caratteri cubitali ‘Tito’, si troverà lo spazio per condannare l’incultura, l’inciviltà e la ripugnanza dell’atto di Basovizza”.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

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