L’ennesimo venerdì nero a causa delle proteste dei sindacati, che peserà sulle spalle di quegli stessi lavoratori che dichiarano di voler tutelare. Nelle maggiori città italiane, Cgil e Uil hanno promosso lo sciopero generale contro la manovra finanziaria. Prima ancora – questo non lo dice quasi nessuno – che le parti sociali incontrassero il governo sul tema, prima ancora che l’esecutivo esponesse il piano finanziario per il prossimo anno ai diretti interessati. A dimostrazione della leggerissima (detto fantozzianamente) presa di posizione ideologica nei confronti della manovra, facendo cadere quanti, oggi in piazza, si sono preoccupati di fare sapere che la loro protesta non è per nulla per partito preso. “Una giornata di sciopero è sempre portatrice di disagi. Ci sono delle ragioni che i sindacati rivendicano come fondate. Il governo ha un’opinione differente, quantomeno perché prima di uno sciopero bisognerebbe vedere i contenuti di una manovra. Se è uno sciopero ideologico o uno sciopero di contenuti sta agli italiani valutarlo, sperando che, evidentemente, l’abuso degli strumenti di sciopero non si traduca in uno strumento di lotta politica”: questo il commento del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami.
Il fallimento di Landini, destato dalla destra
Le rivendicazioni dei sindacati scesi in campo oggi sono le più disparate, nonché le solite che i partiti di sinistra, a cui la Cgil sembra costantemente riferirsi, utilizzano per partito preso contro la destra: Landini, da Bologna, ha denunciato il presunto “tentativo serio di una svolta autoritaria” che metterebbe “in discussione la libertà di esistere e la libertà delle persone”, in merito al decreto sicurezza e alla precettazione che ha ridotto fortunatamente i disagi da 8 a 4 ore. Poi c’è lo spauracchio (che, forse, si sostanzia più come una speranza) della “recessione”, malgrado i risultati economici del governo raccontino tutt’altro. E poi c’è l’invito, di nuovo, alla “rivolta sociale”, terminologia di marxiana memoria che il segretario Landini continua a utilizzare e a rivendicare: “Noi – ha detto oggi – vogliamo rivoltare come un guanto questo Paese e per farlo c’è bisogno della partecipazione di tutte le persone. La rivolta sociale, per noi, significa proprio dire che ognuno di noi non deve voltarsi da un’altra parte di fronte alle ingiustizie, anzi, deve passare l’idea che il problema mio è il problema di tutti e che solo mettendoci insieme possiamo cambiare questa situazione”. Ma Landini, che ora si erge a capobranco rivoltoso contro le destre, dov’era quando, ad esempio, la Fiat veniva svenduta? Qual è stato il suo apporto per evitare migliaia di licenziamenti? Quale sono state le sue denunce? Le interviste pubblicate sui giornali di proprietà Exor, spiegano tutto.
Una protesta politica
La verità, dunque, è che la Cgil sembra essersi risvegliata solo perché al governo c’è la destra. E così non fa altro che svilire il sacrosanto diritto allo sciopero. Tanto che anche molti altri colleghi sindacalisti, di altre sigle, hanno condannato toni e metodi usati da Landini e Bombardieri. In prima linea la Cisl, ma anche l’Ugl, per la quale oggi ha parlato il suo leader Paolo Capone: “La strumentalizzazione dei lavoratori a fini politici – ha detto – svilisce e indebolisce l’azione sindacale. Lo sciopero è un’iniziativa di lotta che i lavoratori pagano con la loro busta paga e proprio per senso di responsabilità nei loro confronti che bisogna ricorrere a questo strumento come ultima ratio. Quello che i lavoratori si aspettano dai sindacati è la negoziazione fino alla ricerca di una soluzione. L’uso eccessivo dello sciopero finisce per banalizzare tale mobilitazione riducendone l’impatto”.
Valgono, infine, le parole di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: “Manifestare è un diritto sacrosanto, ma deve essere esercitato nel rispetto delle regole, con responsabilità e coerenza. Invece, assistiamo all’ennesimo atto di strumentalizzazione da parte di Maurizio Landini, che sembra più interessato a fare politica, attaccando il governo Meloni, che a tutelare realmente i lavoratori italiani”. L’onorevole ha sottolineato la contraddizione degli scioperi contro una manovra che conferma il taglio delle tasse per i ceti medio-bassi: “Comprendiamo bene il nervosismo di un leader sindacale che sa di non rappresentare più i lavoratori. D’altronde non è passato inosservato che mentre da una parte Landini invocava piazze per il salario minimo, dall’altra in silenzio si faceva aumentare lo stipendio. Una contraddizione inaccettabile, soprattutto se arriva da chi si professa paladino di uguaglianza e giustizia sociale, ma nei fatti non ne rispetta i principi”.