Venere e Marte pianeti distanti ma vicini.

L’8 marzo: “festa delle donne”, Andrea porterà al ristorante Rossella, Luca regalerà un mazzo di mimose a Giulia, il piccolo Niccolò donerà alla sua mamma un bel disegno, Nonno Giuseppe ricorderà a Nonna Lucia di come la ami ininterrottamente dai tempi del liceo.

I giornaloni saranno ridondanti sulla necessità di una reale parità di genere, i professoroni si sperticheranno nelle lodi a questo o a quell’altro personaggio femminile in voga, a sinistra si interrogheranno su modalità alternative alle quote rosa per lanciare le donne in politica, a destra si alzeranno i toni per criticare l’utilizzo delle quote rosa in politica.

Nessuno ricorderà le ragioni storico-culturali che hanno condotto all’istituzione di questa ricorrenza.
Si sa, la cultura ad oggi, in un mondo infarcito di programmi televisivi tendenti al “passarellismo”, è ritenuta scomoda e poco remunerativa.

Nonostante ciò, è preciso dovere di chi vuole contrapporre alla modernità galoppante, tendente all’imposizione di modelli valoriali vuoti, rivendicare con forza i passi che condussero ad una seria riflessione sulle necessità di tutelare e valorizzare l’universo femminile.

Come ben si sa, l’8 marzo 1977 venne istituita la giornata internazionale dei diritti delle donne, al fine di ricordare le conquiste sociali, economiche e politiche, le discriminazioni e le violenze cui le stesse sono state sottoposte in passato e, ahimè, sono sottoposte ancora oggi.

Ci si può chiedere se le battaglie che si stanno combattendo per la figura femminile, sia che si tratti di madri di famiglia o di donne in carriera, siano adeguate o se non lo siano?

È sufficiente che la battaglia delle neofemministe sia combattere per l’adozione della “terminologia di genere”, per degli “*” come desinenza delle parole o per l’abbattimento del “patriarcato”?

O, forse, la donna deve ambire a rivendicare, voglia essa realizzare il sogno della maternità o scalare le vette aziendali, la propria indipendenza tanto dal genere maschile, quanto dalle mille polemiche che ottengono, come unico effetto della loro esistenza, il relegarle ad oasi protette, come dei panda?

Ci tengo a ricordare, senza voler peccare in alcun modo di presunzione, le parole della madre nobile del femminismo, Mary Wollstonecraft: ”Vorrei che le donne avessero potere non sugli uomini, ma su loro stesse”.

Perché questo sono le donne: individui, che meritano valorizzazione ed opportunità in quanto tali, e non in quanto donne, in quanto esseri dotati di un proprio diritto all’autodeterminazione e non in quanto destinatarie di regalie e concessioni da parte del “sesso forte”.

Perché le donne, in quanto individui, meritano parità nelle opportunità e nelle possibilità, sia che esse attengano alla sfera lavorativa, sia che esse attengano a quella sociale, sia che esse attengano alla sfera familiare – affettiva, sia in qualsivoglia altro ambito.

Sia chiaro: non per diritto acquisito, ma per merito. Dove non vi è meritocrazia, vi sarà sempre prevaricazione ed assenza di reali diritti.

È necessario che, quanto prima, Venere comprenda a pieno le proprie potenzialità, senza elemosinare “diritti” che tali non sono, all’insegna della costruzione di un nuovo mondo, in simbiosi con Marte, all’interno del quale ognuno, nel rispetto della propria identità, possa convivere in armonia.

 

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Giorgia Agostini
Giorgia Agostini
Giorgia Agostini nasce a Tagliacozzo (AQ) il 27 dicembre 1993. Studentessa di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Teramo, attualmente impiegata presso Confagricoltura L’Aquila. Da sempre appassionata di politica, è responsabile del circolo cittadino di Nazione Futura a Tagliacozzo.

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