“Vogliono indagare Arianna”: l’allarme di Sallusti e il “sistema Palamara” contro il governo

“Indiscrezioni”. “Retroscena”. “Fonti anonime”. Così opera, ormai da tempo, il noto “metodo Palamara”, sistema ben oliato che unisce stampa, partiti e magistratura non necessariamente in questo ordine e che affossa reputazione e carriere politiche. Sistema che è ancora in funzione nonostante il magistrato Palamara sia ormai fuorigioco: lo si è visto chiaramente con Giovanni Toti, governatore ligure obbligato ai domiciliari fino alle sue dimissioni.

Tutto un movimento torbido di informazioni appena accennate e il più delle volte false. Di presunzioni e di mezze verità. Un movimento che è appannaggio di chi piega le Istituzioni al proprio tornaconto. È “più potente di qualsiasi governo, più di qualsiasi parlamento”: se parte, è difficile fermarlo. Opera oltre i limiti della legge e della democrazia, quanto basta per rovinare la fama del perseguito. Tra le vittime mancanti, però, c’è Giorgia Meloni, il cui arrivo a Palazzo Chigi ha sconvolto i piani delle élite che giocano con la giustizia e la magistratura. Ricerche sul passato, suo e del suo partito, congetture fini a sé stesse, a partire dagli argomenti più futili (quale, ad esempio, la squadra del cuore dell’allora premier in pectore) fino ad arrivare all’ultima campagna di Fanpage, rivelatasi un nulla di fatto e da archiviare. Un sistema rimesso in moto quando Fratelli d’Italia era ormai in volata verso la vittoria alle urne nel 2022 e Giorgia Meloni si apprestava a diventare Presidente del Consiglio. Ma lei, la “borgatara” della Garbatella, non appartiene a certi ambienti e di scheletri negli armadi non ne ha. Non si lascia intimorire da certe minacce e resta ancora, saldamente, alla guida della Nazione.

Allora, se non riescono a colpirti, colpiscono chi è più vicino a te. Vogliono colpire chi è stato sempre vicino alla premier, chi ha condiviso con lei gioie e dolori, anche in politica. L’allarme lo ha lanciato questa mattina sul Giornale Alessandro Sallusti nel suo editoriale: “Vogliono indagare Arianna Meloni”. E a sostegno di questa tesi c’è la forte attenzione che ormai da settimane giornali e politici, non proprio schierati a favore del governo, le rivolgono. “Quasi – scrive Sallusti – a voler creare a tavolino un caso da offrire cotto e mangiato a chissà chi”. Un attaccamento quasi morboso che è in un certo senso difficile da spiegare, specialmente per il fatto che Arianna non ricopre incarichi di governo o parlamentari.

Arianna Meloni viene bersagliata da settimane dalla stampa di sinistra (stavolta è stata la prima a muoversi). E con pochissimo margine di replica: viene accusata di favoritismi nella nomina di Giuseppina Di Foggia a capo di Terna, e la sua smentita, negando la sua personale conoscenza, non viene ripresa né ascoltata. Si insinua un suo presunto ruolo di primo ordine nelle trattative sulle nomine Rai. Altra smentita ma si fa finta di non sentire. E lo stesso accade con un presunto cambio di vertici in Ferrovie dello Stato: tra i papabili per il ruolo di Ad, secondo la stampa di sinistra, un’amica di Arianna. Insomma, tutte insinuazioni che un giornalista farebbe bene a tenere lontano o quantomeno a trattare come tali. E il grave è che, come sostiene Sallusti, non si tratta soltanto di “ricostruzioni infondate, buttate lì a casaccio per riempire le pagine dei quotidiani agostani a corto di argomenti”: il timore è che “si scriva con morbosa insistenza non per raccontare dei fatti ma per provare a determinarne uno”.

E se il “metodo Palamara” funziona, alla stampa ha già fatto seguito la politica, con Raffaella Paita, senatrice di Italia Viva, che riprende le supposizioni dei giornalisti e dice di Arianna: “A questo punto mi chiedo: non potrebbero farla direttamente ministra dell’attuazione del Programma? Parentocrazia”. E tra le parole della Paita, si insinua già la via che il terzo membro di questo mostro tricefalo andrà a seguire: “influenza sulle nomine”: “Eccola – dice Sallusti – l’ipotesi di reato di cui, non è mistero, si sussurra in speranzosa attesa in questi giorni nelle stanze giornalistiche e giudiziarie dell’ex Sistema Palamara: traffico di influenza, un reato che ben si presta ad accuse in mancanza di meglio o di prove stante la sua aleatorietà, “di consistenza inafferrabile” hanno addirittura scritto alcuni giuristi scettici sulla sua fondatezza”.

Mix di fake news, presunzioni, giornalisti compiacenti che creano il caso, politici altrettanto di parte che lo riportano come fosse verità, magistratura correntizia e reato dal significato ampio e indefinito, facilmente malleabile e configurabile anche con prove caduche. Un mix perfetto che ricorda le peggiori dittature del Novecento: l’allarme di Sallusti è l’avvertimento di una bomba ad orologeria azionata da chi, indossando la maschera del garantista, piega la giustizia al proprio tornaconto. Proprio come succedeva nella Mosca sovietica. Probabile il silenzio delle opposizioni, dinnanzi a questo ormai chiarissimo intento di sgambettare il governo anche con le “vendette trasversali”. Ma una cosa è certa: Giorgia Meloni e la sua compagine non si faranno certamente intimidire da chi, già in passato, ha cercato di farla fallire, ma invano.

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