Geniale è dire poco, è riduttivo. Non è questione di cavalcare l’onda, di fare propaganda. È altro, molto altro. È la capacità di trasformare in positivo qualcosa che era negativo. “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. All’insulto non si risponde con la rabbia o con il rancore. All’insulto si risponde facendo notare la pochezza di chi l’ha avanzato, l’inutilità del gesto, la cafonaggine di chi l’ha pronunciato. Lo si fa ribattendo a tono. E se uno l’ha fatto per interposta persona, allora si risponde in pubblico, per sottolineare la plateale mancanza di coraggio dimostrata nel mandare a dire certe cose.
Figuraccia totale
Lo “stronza” di De Luca non poteva restare lì, campato in aria, come uno dei tanti insulti che i politici, di ogni parte, sono costretti a subire da teste calde e populisti vari. Il “Vaffa day” è solo un ricordo: stavolta l’insulto è partito da un Presidente di Regione, da una carica istituzionale, da uno che dovrebbe sapere cosa significa ricevere ogni giorno offese gratuite. Da uno che dovrebbe dare l’esempio. Un po’ come accade quando dei poliziotti vengono attaccati fisicamente: se nessuno stigmatizza, allora si inizierà a pensare che aggredire le forze dell’ordine sia lecito. Allo stesso modo, se un’Istituzione ne insulta un’altra, si inizierà a pensare che sia normale insultarsi a livello personale. La risposta è lecita? La risposta è sempre lecita. Ed ecco la genialità: rivendicare il contenuto dell’insulto. Se De Luca mi vuole stronza, sarò stronza. E la figuraccia è plateale: lei glielo dice in faccia, fissandolo negli occhi, “sono quella stronza della Meloni”, e lui, che tutto si aspettava purché questo, resta impietrito, farfuglia qualche altra parola. Ma ha la faccia di chi sa di aver fatto una figuraccia totale, che quel “lavora tu, stronza”, pronunciato il 16 febbraio nel Transatlantico di Montecitorio dopo che Meloni aveva chiesto a lui e alla sua orba di sindaci che lo seguiva di lavorare di più anziché protestare invano, fu una gaffe istituzionale con pochi precedenti.
L’ironia sui social
La figuraccia è fatta, ed è subito valanga di meme sui social. La pagina di Atreju è in prima linea. Si parte con la condivisione del video, con tanto di primo piano sul faccione imbarazzato di De Luca. Poi caterva di “meme”: la faccia di De Luca incollata al posto di quella della Ferragni in tenuta sanremese con la celebre fascia dalla scritta parafrasata “pensati blastato”. Poi la celebre battuta di Giorgio Faletti in “Notte prima degli esami”: “Andata male, eh? Prima o poi succede a tutti”, ma al posto di Nicola Vaporidis nei panni di Luca Molinari, compare di nuovo il faccione di De Luca. È poi il turno della comparazione: a sinistra, De Luca che insulta la Meloni nel Transatlantico con la didascalia “quando lo ordini”, a destra De Luca ammutolito davanti alla Meloni, con scritto “quando ti arriva a casa”. Il prepotente e temuto sceriffo della pandemia ha fatto la fine del classico leone da tastiera: dietro le quinte, tutti bravi a giudicare; se li guardi negli occhi, vorrebbero scappare. L’irriverenza di Atreju, però, ha trovato un temibile rivale questa volta. Un altro meme, una sorta di manifesto elettorale che circola sui social. Il simbolo di Fratelli d’Italia sbarrato al centro, sopra una Giorgia Meloni austera e decisa. Sotto la didascalia: “Vota quella stronza della Meloni”. Mai nessun’altra cosa potrà essere più azzeccata di questa, riassunto in una sola immagine di tutta l’arguzia di rispondere con ironia, ma a tono, a un fatto brutto e disonorevole per chi l’ha eseguito. Bisogna allenare l’arte di non prendersi sul serio.