In questi giorni è andato in scena un altro teatrino farzesco della commedia all’italiana, con commenti poco lusinghieri, a voler essere generosi, nei confronti dell’imprenditrice e influencer Chiara Ferragni, per lo shooting fotografico da lei eseguito all’interno degli Uffizi.
Tra commenti di una violenza inaudita, critiche al modus operandi pubblicitario adottato dal Museo fiorentino – il che dimostra quanto in Italia siamo indietro nel settore pubblicitario, comunicazione e di marketing – ed un quantitativo vergognoso di ignoranza mista ad invidia sociale, abbiamo scoperto un lato del nostro Paese deleterio, principale responsabile delle nostre sfortune politiche, economiche e sociali: la voglia di puntare sempre il dito nei confronti di chi, condivisibilmente o meno, si adopera.
È inconcepibile, oggettivamente, comprendere cosa frulli nel cervello di quelle persone che, per antipatia o reale astio, sviliscono l’operato di una ragazza – lei si realmente fattasi da sé, con buona pace di chi afferma che vende il nulla – che ha contribuito a far conoscere al mondo il patrimonio artistico e culturale, di inestimabile valore, fiorentino ed italiano.
Non è un segreto che la promozione di arte e turismo, oggi più che mai, deve essere una battaglia di tutti, nell’interesse del Paese e della sua gente, e poco male se vi sono legittimi ritorni personali e di immagine. Anche perché, giova dirlo, l’iniziativa della Ferragni, come valore aggiunto, è stata una iniziativa di pura immagine: leggasi, per i fan dell’honestah, #gratis.
Ha fatto pubblicità gratuita ad un’eccellenza italiana, ingenerando curiosità massmediatica nei confronti della principale galleria culturale del Paese. Ha portato un afflusso ingente di giovani nei giorni seguenti, un bel +27% rispetto alle stime del periodo.
#GRATIS.
Chi non comprende, ad oggi, l’importanza della comunicazione e del marketing nel garantire il benessere della comunità, dovrebbe configurarsi con la realtà in modo più sereno.
Da, forse, fastidio che sia giovane? Bella? Ricca? Furba?
Forse, purtroppo, troveremo prima la cura per il Covid – 19 che per l’invidia sociale.