Nel 1984 uscì “Alba rossa”, un film diretto da John Milius, che due anni prima aveva diretto “Conan il barbaro”, e interpretato da Patrick Swayze e Charlie Sheen. Il film ambienta una storia alternativa in cui la vittoria dei Verdi in Germania Ovest porta alla fine della NATO, una rivoluzione comunista sostenuta da Cuba in Messico porta il paese nell’orbita sovietica e gli Stati Uniti diventano sempre più isolati. Il Patto di Varsavia attacca diverse città americane e Pechino con armi atomiche e invade il territorio americano. I protagonisti di questa storia sono adolescenti di Calumet (Colorado) che vedono la loro cittadina occupata dalle truppe sovietiche e cubane e iniziano una guerriglia contro l’invasore. Alla fine, grazie al sacrificio di patrioti come quelli rappresentati nel film, gli Stati Uniti vincono la Terza Guerra Mondiale.
Nel 2012 è uscita una nuova versione del film, con un successo nettamente inferiore rispetto al suo predecessore, in cui l’invasione non è stata effettuata dall’Unione Sovietica e da Cuba, ma dalle truppe nordcoreane con il supporto di Russia e Cina. In origine, dovevano essere le truppe cinesi a invadere la città di Skopane, a Washington, ma si pensò che ciò avrebbe potuto influire negativamente sugli incassi e si optò per i nordcoreani. Questo fatto ha tolto credibilità a un film già di per sé fantasioso: una cosa è essere invasi dall’Unione Sovietica o dalla Cina, un’altra è immaginare che le truppe nordcoreane invadano un Paese occidentale. Tuttavia, sembra che la realtà possa superare la finzione.
Il 17 ottobre Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina, ha affermato che circa 11.000 truppe nordcoreane si trovavano nella Russia orientale per prepararsi a partecipare alla guerra contro l’Ucraina. La notizia ha suscitato incredulità e stupore, ma la prima conferma è arrivata subito dal National Intelligence Service (NIS) della Corea del Sud, che il 18 ottobre ha riferito che 1.500 truppe delle forze speciali nordcoreane si stavano addestrando nelle basi militari russe di Vladivostok, Ussuriysk, Khabarovsk e Vlagoveshensk (il NIS ha diffuso foto aeree di due di queste basi russe), e che probabilmente sarebbero state impiegate per combattere nella guerra in Ucraina. Successivamente, il NIS ha aumentato il numero di truppe a 3.000, notando che la Corea del Nord prevede di raggiungere un totale di 10.000 truppe entro dicembre), e che probabilmente saranno schierate per combattere nella guerra in Ucraina. I media sudcoreani hanno indicato un numero di truppe pari a 12.000 e il NIS ha pubblicato le foto aeree di due di queste basi russe. Sì, l’Ucraina aveva ragione. La reazione dell’Occidente è stata, come abbiamo visto in altri momenti di questa guerra, sorprendentemente lenta. Con eccezioni come il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, che ha affermato che i Paesi europei dovrebbero rivedere l’idea del presidente francese Emmanuel Macron di dispiegare truppe in Ucraina, la NATO e gli Stati Uniti hanno evitato di commentare la notizia. Infine, il 23 ottobre, il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd J. Austin ha confermato la notizia, definendola un’escalation “molto, molto seria” con conseguenze in Europa e in Asia. Il giorno successivo, anche la portavoce della NATO Farah Dakhlallah ha confermato il dispiegamento di unità nordcoreane in territorio russo. Dakhlallah ha avvertito che se queste truppe dovessero combattere in Ucraina, si tratterebbe di una “escalation significativa”, ma non ha specificato quali misure la NATO potrebbe adottare in tal caso.
In Corea del Sud, invece, i campanelli d’allarme stanno suonando. Dopo un incontro al vertice a Seul con il presidente polacco Andrzej Duda, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeo ha dichiarato che il suo Paese non “resterà inattivo” di fronte a una “provocazione nordcoreana che minaccia la sicurezza globale oltre la penisola coreana e l’Europa”. Finora la Corea del Sud ha fornito solo aiuti umanitari all’Ucraina, ma Seul “potrebbe essere più flessibile e rivedere questa politica a seconda delle attività della Corea del Nord”. Il fatto che l’esercito di Kim Jong Un possa acquisire esperienza di combattimento rappresenta una minaccia esistenziale per la Corea del Sud che, d’altra parte, è già stata minacciata dal Cremlino se decidesse di sostenere militarmente l’Ucraina. “È necessario pensare alle conseguenze per la sicurezza della Corea del Sud”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, che ha avvertito che ‘la Russia reagirà duramente a qualsiasi passo che possa rappresentare una minaccia per la sicurezza del Paese e dei suoi cittadini’.
Il dispiegamento delle truppe nordcoreane è un ulteriore passo avanti nella cooperazione militare tra la Corea del Nord e la Russia, dopo la firma dell’accordo sul sostegno reciproco in caso di “aggressione” lo scorso giugno. Per Kim Jong Un, che si è congratulato con Vladimir Putin per il suo compleanno, definendolo il suo “compagno più vicino”, il rapporto con il Cremlino è “invincibile ed eterno”. Secondo il NIS, gli aiuti nordcoreani alla Russia ammontano finora a decine di missili balistici e a otto milioni di proiettili da 122 e 152 mm. Naturalmente, la Corea del Nord non impone alcuna restrizione all’uso delle armi che fornisce alla Russia. È chiaro che le “linee rosse” e i “rischi di escalation” esistono solo per l’Ucraina, vittima della più grande aggressione in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Nel frattempo, l’aggressore, la Russia, sta saltando tutte le linee rosse, incoraggiato dalla debolezza del “mondo libero”. A differenza di gran parte della leadership occidentale, Putin vuole vincere la guerra.
Resta da vedere quale ruolo avranno le truppe nordcoreane, circa 3.000, che potrebbero essere dispiegate a Kursk, e se combatteranno, scaveranno trincee o registreranno video musicali per l’amato leader.