Anche lady Franceschini inciampa nel conflitto d’interesse: la sinistra non smette di fallire

Altra inchiesta, altra brutta figura per la sinistra. La storia, si sa, è ciclica: sotto i riflettori di Report questa volta ci finisce Michela Di Biase, deputata per il Partito Democratico e moglie dell’ex ministro della Cultura Dario Franceschini. L’inchiesta di Report sui conflitti di interesse non sembra dunque fermarsi ad Alessandro Zan, scoperto amministratore unico di una srl, la Be Proud, che tramite l’organizzazione del Padova Pride Village guadagna ogni estate milioni di euro e che sembra versare finanziamenti nelle casse del Partito Democratico stesso.

Ora, per lady Franceschini è successo qualcosa di simile: Di Biase, come evidenziato nella dichiarazione dei redditi depositata alla Camera, è proprietaria del 25% di una società simile alla Be Proud di Zan. Si tratta della “Obiettivo Cinque”, una srl che dice di battersi in favore della parità di genere affinché “sia principio fondamentale per una società inclusiva e sostenibile”. Essere socia di un srl che propone le stesse battaglie che si portano avanti da deputata già basterebbe per parlare di conflitto di interessi, ma c’è dell’altro: nel portafoglio clienti della società è annoverata la Comin and partners, altra srl che si batte per la parità di genere, la cui co-fondatrice e vicepresidente Elena Di Giovanni, tra l’altro, secondo Report, pure co-fondatrice di Obiettivo Cinque, avrebbe ricevuto, insieme a Francesco Comin, omonimo della srl, l’incarico di membro del Consiglio di amministrazione del Teatro dell’opera e della Galleria Nazionale di Roma; incarico ricevuto, guarda caso, nientemeno che da Franceschini in persona.

Tutto torna, con un filo rosso che, partendo da Di Biase, pur attorcigliandosi tra i tanti nomi coinvolti, fa ritorno lercio al suo punto di partenza. Insomma, riparte il film dei conflitti di interesse che muovono il mondo (della sinistra): film visto e rivisto con i tanti Zan, Soumahoro e Letta che ora, con Di Biase e Franceschini, sembrano moltiplicarsi. Si smontano da soli i paladini delle grandi e nobili cause che, dopo anni di finto perbenismo, si scoprono per quello che sono: un motivo per monetizzare. Zan con le sue feste pride, Soumahoro e la coop per l’accoglienza, Letta e l’economia green: tutte personalità che, dopo essere stati innalzati a simboli della sinistra e dopo che per alcuni di questi è stata anche versata qualche lacrima di commozione, sono incappati miseramente nel conflitto d’interesse. Insomma, chi più, chi meno, chi sapendo e chi ignorando, la sinistra, smascheratasi, ha svelato cosa c’è dietro alle sue battaglie: il dio denaro.

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