Anno giudiziario, la “Paradossopoli della giustizia” va in scena a Castel Capuano. Il ministro Nordio: “con la riforma, non c’è nessun reato di lesa maestà alle toghe”

La “Paradossopoli” della giustizia sbarca a Castel Capuano nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Eccolo il paradosso dei paradossi: nonostante abbia indossato con il massimo onore la toga di magistrato per tutta una vita, Carlo Nordio è stato accolto dalla plateale contestazione di taluni tra i suoi ex colleghi, reo solo di aver avuto il coraggio di aver imposto alla giustizia italiana una profonda ed ormai irrinunciabile linea riformatrice. Reo quindi di aver fatto fino in
fondo il proprio dovere, e soprattutto colpevole di aver redatto quel disegno di legge costituzionale che intende separare finalmente le carriere requirente e giudicante della magistratura, in consacrazione dei principi del giusto processo.

“Non c’è nessun reato di lesa maestà e tantomeno un vulnus all’indipendenza”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto di Corte d’Appello di Napoli, “Mi fa piacere che qui vengano esibite le copie della Costituzione. La Costituzione ha in se stessa la propria capacità di auto rinnovarsi. Ieri, di fronte al Cardinale Ravasi, che mi onora della sua amicizia, ho citato le sue parole ‘Ogni cosa è il suo tempo e ogni tempo per ogni cosa’. Cioè quella Costituzione che andava bene con il processo, paradossalmente, un processo firmato da Rocco e da Benito Mussolini e da Vittorio Emanuele III, che è durato fino al 1988, non andava più bene, dopo l’introduzione di un processo completamente incompatibile, o in parte incompatibile” ha concluso Nordio.

Di riflesso, però, la magistratura associata-come da copione- è apparsa determinata a riproporre il consunto copione della contrarietà politica alla linea del Governo, con l’abbandono del Salone di busti, e con la consueta esibizione di copia della Costituzione, quest’anno introducendo la variabile inedita di una coccarda tricolore apposta sulla toga. Tutto ciò, oltre che di dubbio gusto nei confronti di una istituzione della Repubblica, appare invero incomprensibile nei confronti di uno dei migliori ministri della Giustizia dal dopoguerra ad oggi: ed appare assurdo farlo ora, dopo un lungo periodo in cui la qualità della giurisdizione (e la sua percezione nella pubblica opinione) era degradata fino a livelli indecenti; e dopo anni di tali indebite invasioni di campo e di tale degenerazione correntizia da aver determinato la severa censura del Capo dello Stato sul “dilagante malcostume”, determinato dalla “modestia etica” di taluni magistrati.

Ecco perché appare davvero incomprensibile, peraltro, contestare un ministro cui sono giunti i riconoscimenti della Commissione europea che – nell’esaminare il settore chiave dei sistemi giudiziari – ha promosso l’Italia sotto tutti i parametri valutativi, definendola lo Stato membro più efficace d’Europa, ed apprezzandone un miglioramento degli indici di produttività e di qualità del sistema giudiziario mai registrato sinora. Forse non si vuole perdonare al ministro di aver riaffermato il valore dei pilastri, troppo a lungo ignorati, dello Stato di diritto: principio di legalità, valore della giurisdizione, e separazione dei poteri: perché è evidente come solo uno Stato di diritto – equilibrato e garantista – sia in grado di operare per una reale difesa dei diritti dei cittadini.

Per guardare finalmente avanti, è ora che l’eterno conflitto tra politica e giustizia sia lasciato alle nostre spalle: è infatti evidente per tutti che la indipendenza della magistratura è un patrimonio insostituibile di democrazia da difendere, ma è altrettanto chiaro che solo una riforma che separi le carriere è in grado di determinare un Giudice forte, autorevole e indipendente.

La riforma Nordio non ha assolutamente nulla di eretico o di punitivo, ed intende solo garantire all’Italia un sistema penale moderno ed equilibrato, che sia finalmente rispettoso delle garanzie di libertà dei cittadini. Questo nonostante il tono apocalittico delle toghe più estreme della magistratura associata che sembra piuttosto agire talvolta in difesa di un assetto di potere che viene finalmente scardinato.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.