Approvato il Bilancio 2024 con 200 sì: a tacere i gufi dell’opposizioni

“Realizzare il programma del centrodestra”: è questo l’intento, nelle parole del deputato di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, con cui è nata la Manovra di Bilancio di quest’anno. Manovra su cui le opposizioni hanno avuto parecchio da ridire e da discutere, con un buon numero di emendamenti (bocciati dalla maggioranza) presentati senza, però, un contesto che le unisse, sintomo della malcelata divisione che intercorre tra le stesse forze di opposizione. Al contrario, ancora una volta il centrodestra è apparso unito nella rivendicazione del lavoro svolto finora e delle proposte contenute nella nuova legge di Bilancio; unità infine palesatasi nell’approvazione della Manovra, avvenuta con 200 voti favorevoli, 112 contrari e 3 astenuti.

Sin da questa mattina, si è avuto modo di assistere alle pretestuose accuse delle opposizioni, rincarate nel pomeriggio probabilmente in occasione della diretta televisiva, che sono andate anche al di là del contenuto della nuova finanziaria: il Movimento 5 Stelle ha perseverato nell’ostinata difesa delle sue politiche attuate quando era parte del governo, come il Reddito di Cittadinanza costato circa 30 miliardi e che non ha poi raggiunto l’obiettivo che si era prefissato, quello di aumentare l’occupazione; o come il Superbonus, con un danno di 140 miliardi di euro in costante crescita, valutato intorno ai 4 miliardi di euro al mese. Anche il Pd si è fatto sentire, nella figura della segretaria Schlein, con le solite lamentele su lavoro precario e difesa dei più deboli.

Insomma, le opposizioni hanno sfoderato i classici cavalli di battaglia a cui non crede più nessuno perché sconfessate dalle opere del centrodestra, che anche con questa legge di Bilancio, malgrado difficoltà internazionali ed enormi buchi alle casse dello Stato causati dalle politiche grilline dei bonus a pioggia, è riuscita a fare ciò che negli anni la sinistra aveva dichiarato di fare ma non aveva mai fatto: aiutare i lavoratori e le fasce più deboli. A questo è finalizzato il taglio del cuneo fiscale fino al 7% per una platea di circa 14 milioni di italiani. A questo è finalizzata l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza, sostituito con due misure, l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e per il lavoro, che registrano già un boom di richieste e che stanno trasformando l’Italia dal Paese dell’assistenzialismo senza fine a una Nazione che sa riconoscere il merito di chi lavora: la disoccupazione è diminuita, l’occupazione è aumentata considerevolmente, è calata – a dispetto di quello che vorrebbe Schlein – la precarietà. Il Pil nazionale cresce più della media europea, i contratti degli statali registreranno un aumento in busta paga del 6% e la sanità conoscerà il più alto investimento nel settore, persino più alto di quanto le fu destinato durante il
periodo della pandemia, quando ospedali e posti letto erano oramai saturi.

Emerge l’incoerenza delle opposizioni, che lamentano una presunta “eccessiva spesa militare” che, anche con l’aiuto all’Ucraina, serve a difendere i nostri confini: ma è solo un cambio di narrativa, perché quando sedeva a Palazzo Chigi era a favore delle armi a Kiev. Emerge l’incoerenza delle opposizioni anche su temi come il Mes, che doveva essere approvato per aiutare le banche europee dopo però aver criticato la legge sugli extraprofitti delle banche, che corroborerà i prestiti per famiglie e imprese italiane.

Al di là delle critiche, allora, c’è da ammettere che questa Manovra di Bilancio, forse – tralasciando quella approvata in tempi record lo scorso anno – la prima vera del governo Meloni, si staglia come una finanziaria identitaria del centrodestra, che attua ciò che aveva promesso durante la campagna elettorale. Il 2024 attende altre riforme importanti, come sull’immigrazione o sul premierato, ma ora può già contare su ottime basi.

2 Commenti

  1. Caro Andrea, non facciamo trionfalismi.
    Non so se avremmo bisogno anche noi di un Milei, ma certo qui stiamo tirando a campare.
    Certamente è meglio questa finanziaria a quanto avrebbero potuto fare le sinistre – Dio ce ne scampi – ma non possiamo vivacchiare con mezze misure.
    Dobbiamo avere il coraggio di costruire il futuro, senza rimandare sempre quello che non ci piace affrontare oggi.
    Certamente occorrerebbe un mandato politico degli elettori più forte.
    Forza Italia sembra voler continuare il clientelismo democristiano.
    La Lega oscilla tra la sacrosanta difesa delle imprese a una specie di assistenzialismo peronista (per richiamare Milei) che fa leva sempre sulla spesa pubblica. Dio ci scampi dall’abbandono dell’euro. Grazie ai partigiani della spesa pubblica avremmo anche noi inflazione al 140%.
    Ci resta FdI, che a parte qualche rigurgito reazionario sulle donne o sulla religione può rappresentare il rinnovamento nella politica, riportando il lavoro al centro della strategia.
    Sono noioso, ma non osso che richiamare i temi inevitabili:

    • spesa pubblica: tagliare, tagliare, tagliare. La spesa pubblica è un enorme trasferimento di risorse da chi lavora e chi vive del lavoro degli altri, deve essere drasticamente ridotta. Chi scrive si candida a contribuire senza danno per i deboli ad u avere “spending review”
    • tasse: tagliare, tagliare, tagliare; ma solo se si taglia la spesa pubblica, sennò è una presa in giro. Ma tagliare non significa lo zero virgola, non se neaccorge nessuno. Tagliare significa i 30%. Possiamo cominciare dalle tasse assurde, per esempio l’importa di bollo? Che è questo bollo? Ma siamo nel medio evo? Chi scrive può contribuire senza danno a eliminare le tasse odiore ed inutili
    • liberalizzazioni: la lista è lunga: creazione di imprese, certificazioni inutili, enti viglianti inutili (ANAC e simili), ecc.

    Vogliamo cambiare qualcosa o tirare a campare con qiualche slogan in più?

    Con affetto

    Alessandro

    PS: quanto alle pensioni, penso che la soluzione sia solo una: la pensione è il frutto dei contributi versati, e basta. Sia frutto quindi del solo calcolo economico.
    Fuori di questa si può pensare alla cosiddetta pensione sociale per chi non ha più capacità – non possibilità – lavorativa e non ha altri redditi.

  2. Quota 103, ma con penalizzazioni: si confermano i 62 anni d’età e 41 di contributi, ma l’assegno sarà ricalcolato con il metodo contributivo e con un tetto massimo mensile di circa 2.250 euro. Secondo le stime, consentirà l’uscita anticipata a 17mila lavoratori nel 2024. Cioè ancora tagli ai lavoratori dopo 41 anni di contributiiii? Contro i Vs 5 anni di politicanti? Ignobili

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