Arcuri e l’eredità da 203 milioni di debito: i sospetti che si favorissero solo alcuni produttori

Troppi sospetti, tante ombre sulla gestione della pandemia. La vicenda della struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri, l’ultima delle quali, forse la più grave, comporta un danno allo Stato italiano di circa 203 milioni di euro, ci dimostra che Fratelli d’Italia ha fatto bene a insistere sulla Commissione d’inchiesta sul Covid.

Una “svista” troppo costosa

La vicenda è ormai nota: il dipartimento della Protezione civile di Palazzo Chigi, allora guidato da Giuseppe Conte e dal Movimento Cinque Stelle, firmò un accordo con la Jc electronics Italia srl, una società del Lazio, per la fornitura di mascherine. Nel mentre, viene costituita la struttura commissariale e le responsabilità passano sotto di questa. Ed è proprio lì che iniziano i problemi: tra fatture non pagate e mascherine ormai spedite a Palazzo Chigi, Arcuri rifiutò la fornitura spiegando che, in sostanza, le mascherine non avevano ottenuto la validazione del Comitato Tecnico Scientifico. Malgrado, in realtà, i dispositivi avevano ottenuto il sì dell’Inail e delle Dogane. E il contratto è diventato carta straccia. Il tutto sembra essere partito da una pec ricevuta dalla struttura commissariale ma mai considerata. Si parla di una vista dei collaboratori di Arcuri. Una “svista piuttosto costosa”, ha commentato Andrea Tremaglia, deputato di Fratelli d’Italia e membro della Commissione d’inchiesta, in un’approfondita intervista rilasciata a “Mezzora con Messora”, su Byoblu. La svista fa cadere qualsiasi responsabilità penale, ma il danno è fatto: la Presidenza del Consiglio, e dunque tutti gli italiani, è stata condannata a risarcire 203 milioni di euro alla società per i danni subiti.

Il sospetto dei favori per altri…

Come spiegato da Tremaglia, in realtà, ci sarebbe dell’altro. Perché bisogna ricordare che la Procura di Roma, nei mesi scorsi, ha chiesto 1 anno e 4 mesi di carcere per Arcuri “per abuso d’ufficio a proposito dell’acquisto, contestualmente alla vicenda della Jc Electronics, di 800 milioni di dispositivi di protezione individuale provenienti dalla Cina, che sarebbero stati irregolari e pericolosi per la salute. Un affare, secondo i pm, da 1,25 miliardi di euro”. Il sospetto maggiore da parte “di chi ha condotto questa indagine – ha detto il parlamentare – è che la struttura commissariale abbia voluto dirigere tutte le importazioni solo sue alcuni soggetti in maniera di favorirli dal punto di vista economico”. Accusa “piuttosto grave”.

Troppe cose, dunque, non hanno funzionato. In una relazione della Guardia di Finanza, si legge che “la scrupolosità seguita dalla struttura commissariale per le mascherine della Jc non sembrerebbe essersi registrata con gli acquisti in Cina delle mascherine fatte dalla stessa struttura con la mediazione del giornalista Rai Mario Benotti”. Il problema forse è stata proprio la gestione della struttura: “Forse, almeno in una fase, c’erano troppe decisioni, troppo importanti, in capo a poche persone”. Ora le conseguenze, per tutti gli italiani: “Spiegare ai nostri cittadini che dobbiamo pagare 203 milioni a un’azienda che si è vista, secondo il tribunale, negare un giusto contratto perché” qualcuno “non ha fatto bene il proprio lavoro” è “abbastanza triste”. Questo il lascito della sinistra: “Ormai – conclude Tremaglia – tra reddito di cittadinanza, Superbonus e adesso con questo conto da 203 milioni di euro ci stiamo abituando a pagare le bollette del Governo Conte”.

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1 commento

  1. Conte, Speranza, Grisanti, Arcuri…..spero con tutte le mie forze che qualcuno paghi per i misfatti commessi! Tachipirina e vigile attesa, come già detto più volte, ha ucciso migliaia di persone e qualcuno DOVRÀ PAGARE!!!!!

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