Onorevole Augusta Montaruli, Il Pm Pedrotta nel processo ad Askatasuna ha chiesto la condanna per associazione a delinquere per 16 militanti storici del centro sociale torinese. La lotta nel denunciare queste sacche di violenza nella sua città va avanti da anni e questa richiesta le dà ragione, è soddisfatta?
“La parola soddisfatta potrei utilizzarla se nella mia città non ci fossero più scontri violenti o aggressioni nei confronti delle forze dell’ordine o addirittura di chi, come dipendente, lavora all’interno di stabili presi d’assalto dai centri sociali, come accaduto ai dipendenti Rai della sede di Torino. E se nello stabile di Corso Regina Margherita (dove ha sede Askatasuna) avesse sede qualcos’altro, magari alloggi popolari visto che è uno stabile del comune, sarebbe sicuramente meglio. Quello che emerge dall’inchiesta è quello che i torinesi hanno sotto gli occhi da sempre: gruppi di persone che hanno fatto dell’ideologia e dello scontro di piazza un leitmotiv per la violenza quotidiana. Oltre le responsabilità penali esiste la responsabilità politica per quei fatti. Il comune di Torino, nella persona del sindaco di Torino Lo Russo, ha provato a consegnare gli occupanti del centro sociale lo stesso stabile occupato. Ciò non è avvenuto grazie all’assessore Marrone in regione Piemonte che è intervenuto per cambiare la legge regionale sui beni comuni, se oggi lo stabile di Askatasuna non è stato consegnato a quelle persone è solo grazie a Fratelli d’Italia e all’assessore Marrone”.
Le parole del pm sono state forti, dice che i vertici di Askatasuna usano metodi mafiosi, quindi la mia domanda sorge spontanea: ma come è possibile che si voglia intraprendere un percorso di legalizzazione rispetto a questo centro sociale, addirittura il sindaco Lo Russo lo ha definito “bene comune”.
“Per bene comune si intende un elemento che fa parte del patrimonio del comune di Torino e che può essere messo a disposizione della cittadinanza per regolamento grazie ad una legge regionale. Lo stabile non è mai stato sgombrato perché il centrosinistra e i 5 stelle non hanno mai chiesto lo sgombero di quello stabile che è di proprietà comunale e quindi sempre occupato. E ricordiamo che a Torino ha sempre governato il centrosinistra, ecco la spiegazione della situazione surreale che si sta vivendo. È vero, le mura sono un bene pubblico, attraverso il regolamento dei beni comuni, però, c’è stato il tentativo da parte dell’amministrazione comunale di consegnare lo stabile agli organizzatori del centro sociale, con un comitato promotore dove c’è un po’ di tutto (anche membri della società civile vicini al centro sociale). Anche nella forma il tentativo del sindaco è fallito, uno dei presupposti della consegna del bene comune è innanzitutto l’ordine pubblico, cosa che Askatasuna, anche successivamente alla bozza del regolamento sui beni comuni, ha violato. Inoltre faccio presente che, come dicevo, grazie ad un intervento di FdI in regione con il nostro assessore regionale la legge è stata modificata e gli stabili non si possono considerare beni comuni se oggetto di occupazione. Insomma, è fallito il tentativo del sindaco, ma è grave che ci abbia anche solo provato a sanare una situazione in relazione ad una palazzina che va semplicemente sgombrata. Se un gruppo di persone costantemente svolge quelle azioni come elemento strategico per l’appropriazione politica è inevitabile che la pensi come il pm: è un’organizzazione volta a compiere azioni negative che passano agli onori della cronaca e non solo quelle: non dimentichiamo gli scontri in val di Susa, provocati sempre dai facinorosi di Askatasuna”.
Gli imputati dicono che c’è un accanimento verso chi esprime il dissenso e sono vittime, a loro detta, del sistema, cantano “bella ciao” in tribunale e parlano di repressione. Come risponde ai militanti del centro sociale?
“Al di là del loro comportamento in sede processuale che già la dice lunga sul rispetto che nutrono nei confronti degli organi dello Stato, voglio ribadire che nella nostra democrazia tutti possono manifestare ma nell’ambito di regole, non siamo un’anarchia al servizio della violenza, il diritto di manifestazione trova il limite nel rispetto dei diritti altrui. Quando sistematicamente, durante manifestazioni non dichiarate o percorsi non autorizzati, si compiono aggressioni fisiche e verbali contro le Forze dell’Ordine, è chiaro che la punizione di quel comportamento ma soprattutto la presa di distanza politica e culturale è un dovere”.
Ecco, come è possibile questa differenza così marcata di visioni tra sinistra e destra. Per la sinistra i centri sociali sono dei centri culturali e di associazione dove si possono esprimere liberamente le proprio idee…
“Quello che imputo alle forze di sinistra della mia città e nazionali è il fatto di non avere il coraggio di prendere le distanze da quel centro sociale, anzi di fare il contrario: il regolamento del comune applicato ad Askatasuna è un’offesa per tutti coloro che credono nel confronto e nelle regole della democrazia. Questo centro sociale è un luogo logistico in cui studiare e realizzare violenze che sono sotto gli occhi di tutti, non c’entra nulla la cultura, anzi la base culturale di questi centri sociali è la violenza. La sinistra fa la sinistra, con questo atteggiamento di non presa di distanza sta perdendo gran parte della sua credibilità”.
La Salis è andata in visita proprio ad Askatasuna e ai cantieri No Tav. Lei che è vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera cosa ne pensa di un parlamentare europeo ospite di questi facinorosi, è una sorta di lascia passare all’illegalità?
“Ilaria Salis legittima politicamente soggetti che non andrebbero legittimati. Al tempo stesso non mi stupisce, è una persona che, invece di accettare il procedimento per i fatti di cui è imputata e le sue conseguenze, chiede l’immunità parlamentare e non ha pentimento ma, anzi, ha la presunzione di essere al di sopra di tutti, non solo della legge ma anche delle persone”.
So che non ha la bacchetta magica, ma ormai i centri sociali sono diventati un problema, secondo i dati le aggressioni agli agenti sono aumentate del 200% durante i cortei, in più c’è una commistione con No Tav, Pro-Pal ecc. Qual è la soluzione?
“Non c’è soltanto questa commistione ma in alcune aree come il quartiere Aurora di Torino (zona Barriera di Milano) c’è una tolleranza reciproca tra altri tipi di organizzazioni. Molto si fa con il pacchetto sicurezza che spero venga approvato al più presto da parte del Parlamento, perché all’interno del provvedimento ci sono misure di inasprimento di pena di determinati atteggiamenti che sono tipici di soggetti ascrivibili ad Askatasuna. Per quanto riguarda la risposta migliore ci deve essere un piano di recupero degli stabili abbandonati che necessitano di una revisione e meritano un’azione mirata, questo passa dagli enti locali e dai comuni in particolare. Il primo dovere è trovare una diversa vocazione che non sia il vuoto ma neanche la tolleranza di quel centro sociale, pericoloso non tanto perché autonomo ma per le azioni che compie sul territorio. Ci vogliono azioni di recupero degli stabili in disuso volte a creare all’interno comunità giovanili e contribuire a risolvere l’emergenza abitativa. Sicuramente non la soluzione studiata dal comune di Torino”.