La notizia di ieri riguardante il bombardamento di una scuola all’interno di Gaza City ha destabilizzato non soltanto il Medio Oriente ma anche la politica occidentale: il rischio è che dopo gli sforzi fatti fino a questo momento per ottenere una tregua, alla fine non se ne faccia più nulla. Già in precedenza i dubbi non mancavano sull’ottenimento di una pace che accontentasse Hamas ed Israele, adesso la situazione potrebbe risultare anche più instabile e pericolosa.
Secondo Hamas il bilancio dei morti è di 93, di cui 11 bambini e 6 donne, ma ovviamente la risposta comunicativa dello Stato ebraico non si è fatta attendere: in particolar modo l’esercito israeliano sostiene che i numeri siano esagerati e nell’attacco sarebbero morti 20 terroristi di Hamas. Nel frattempo l’Idf avrebbe dichiarato di essere in possesso di un video che attesta l’assenza di donne e bambini nello spazio preso di mira nell’incursione. Ad ogni modo qua sembra che ognuno voglia dire la propria e che la verità stia diventando qualcosa di aleatorio e totalmente relativo in base dalla visione dei singoli o di un gruppo. Uno dei grandi problemi che circumnaviga questa vicenda è proprio l’assennata ricerca della distruzione di Hamas da parte del Paese ebraico nonostante i negoziati siano ancora in corso. A questo punto ci si aspetta che almeno stavolta il Premier Netanyahu spieghi a Blinken quale sia la sua strategia per fermare il conflitto. Richiedere l’appoggio per una trattativa e continuare i bombardamenti a Gaza rappresenta una gestione fuori controllo delle forze armate. Un’altra spiegazione plausibile è quella che vede la triade Yemen – Iran -Hezbollah schierata per i nuovi attacchi ad Israele. Sicuramente la preoccupazione alla Knesset non è poca, ma il continuo bombardamento delle strutture nella Striscia non potrà mai migliorare la situazione. Tra Iran ed Israele non si sa chi abbia il sangue meno freddo.
Nel frattempo Teheran continua a pensare che quanto accaduto sia una responsabilità criminale diretta del Regime sionista, probabilmente anche per una furba legittimazione personale dei prossimi attacchi nei confronti degli acerrimi nemici; Inversamente Israele sostiene la possibilità di aver ucciso un capo della Jihad durante l’attacco e che Hamas sia solita operare nelle aree civili. A proposito di quest’ultima tesi, forse sarebbe anche il caso di cercare una soluzione per evitare che i civili vengano coinvolti in generale, visto che il bilancio delle vittime resta comunque preoccupante.
Attualmente sull’evento sarebbe intervenuta Kamala Harris, preoccupata perché nel conflitto arabo sono stati coinvolti troppi civili palestinesi e di conseguenza un “cessate il fuoco” e la liberazione degli ostaggi sia ora fondamentale: è il caso di dire “Benvenuta nel mondo degli adulti”, ma dov’erano lei e Biden quando da una parte sia pensava alla pace con Blinken, mentre sul versante opposto si parlava di consegne degli armamenti? Domanda retorica chiaramente. Le parole di Harris, seppur gonfie di cordoglio non cancellano la debolezza dimostrata dalla Casa Bianca in questo periodo storico, soprattutto dopo la debolezza dimostrata a livello intercontinentale e le idiozie “un tanto al chilo” di Biden. Non basteranno comunque due parole in croce per aumentare il consenso elettorale, ci vorrà molto di più e soprattutto i dem statunitensi dovrebbero compiere uno sforzo disumano per appropriarsi nuovamente della credibilità di fronte al resto degli stati occidentali, tacitamente consci della debolezza americana.
Gli USA non sono mai stati così deboli, fatta eccezione per un sistema militare che sembra comunque poter funzionare per un bel po’ di tempo, le scelte politiche sociali, civili ed economiche rischieranno di mettere in ginocchio anche quello.
A questo punto gli Stati europei potrebbero finalmente mettersi in gioco per impegnarsi in una proposta diplomatica, un po’ d’intraprendenza ed indipendenza non farebbe affatto male. Certo questa idea sembra quasi un’iperbole, vista la rigorosa linea adottata dalla Commissione europea, senza considerare un Parlamento che dopo la rielezione di Von der Leyen si ritrova frammentato. Insomma, forse neanche l’Europa può supplire alle gravi mancanze ormai evidenti nella regione mediorientali. Sembra uno di quei casi in cui per salvare la situazione ci vorrebbe un miracolo.