Un sonetto dedicato a Virginia Raggi. Che poi sonetto, per amor di decenza e decoro verso la ricchissima produzione poetica italiana, è un insulto a tutto ciò che di più sacro esiste. Chiamiamolo componimento scritto male e pieno zeppo di parolacce, e siamo comunque fin troppo generosi.
È con questo fantomatico sonetto che Beppe Grillo suona il De Profundis per la “sua” Virginia, per la sindac* della Capitale, una dei Primi Cittadini meno apprezzati della storia recente del Bel Paese. Anzi, poiché possiamo essere più precisi: il penultimo sindaco d’Italia, nel sondaggio di gradimento realizzato da IPR Marketing per Il Sole 24 Ore.
Secondo l’urlatore del Movimento 5 Stelle, i romani – definiti “gente de fogna” – non avrebbero compreso l’amore riversato sulla città dalla Raggi, circondata da gente corrotta che vuole il male della Città Eterna.
Voleva, sicuramente nelle pie intenzioni del Capopopolo Beppe, essere un ideale incipit per la campagna elettorale che porterà, tra 11 mesi, la città capitolina al voto: a giudicare dalle reazioni, si è trattato di un autogol dai tratti imbarazzanti, se non grotteschi.
Perchè diciamolo senza mezzi termini: Roma è una città che si trova in un mezzo ad una palude amministrativa. E vogliamo essere onesti: non è colpa unicamente dell’ultima, scellerata, gestione affidata al sindaco pentastellato. Roma è una città con mille problemi, ed il principale di essi è che, trattandosi di una metropoli fuoriscala per la realtà italiana, non può essere amministrata come si amministrerebbe Roccacannuccia, Collepepe o qualsiasi altro paesello.
Servirebbero delle riforme e un repulisti generale, qualora si voglia fare realmente il bene della città che fu di Romolo e di Cesare. Ma proprio per questo, a maggior ragione per questo, non può essere data in gestione a chi difetta di una qualsiasi basilare conoscenza non solo della cosa pubblica, quanto del codice di diritto amministrativo.
La differenza tra un amministratore ed un politico è palese: mentre il secondo può anche essere un Masaniello qualsiasi (e la storia del Movimento 5 Stelle insegna), il primo deve essere figura capace di ben amministrare una realtà cittadina. Cosa della quale, dispiace dirlo, Virginiona nostra non è stata capace.
Durante gli anni del suo mandato, la Capitale sarà ricordata per una gestione del sistema rifiuti francamente imbarazzante, per autobus in stato di autocombustione spontanea, per le mille società municipalizzate lasciate con dissesti a sette cifre, per il degrado sempre più avanzato dei campi rom, per l’impunità della criminalità organizzata, per l’aver dilapidato quello che forse era l’unica realtà immortale di Roma: il turismo nel centro storico.
Non è che Roma non merita la Raggi. E’ che a Roma, la Raggi, non la vuole proprio nessuno.