Immaginate affrontare un “colloquio di lavoro” per ottenere una casa popolare che in molti casi già vi spetta. E in quel colloquio di lavoro dovrete dimostrare non solo di rispettare i requisiti oggettivi per ottenere l’alloggio (cosa giustissima), ma anche di avere tutte le carte in regola a livello ideologico: cioè, dovete pensarla come il padrone che vi concede la casa, altrimenti non siete idonei. Assurdo, no? Sembrerebbe quasi una misura tipica dei peggiori regimi del Novecento, quando per avere dei diritti dovevi essere iscritto all’unico partito e pensarla come la pensavano tutti.
Test di affinità e corsi di ri-educazione
Succede invece nell’Italia del 2025, o meglio in quella Emilia Romagna che è rossa da quando sono state create le Regioni. Nel dettaglio, succede a Bologna, la città amministrata dal sindaco che espone la bandiera della Palestina dai balconi del Comune e che si rifiuta di toglierla per non essere accusato di sionismo. La denuncia, come riportato stamattina dalla Verità, è di un avvocato del lavoro, Claudia Candeloro: “A Bologna – ha scritto sui social – hanno fatto un bando per delle nuove case popolari (che oggi si dice co-housing). Sin qui, si direbbe, bella iniziativa! Ma quali sono i requisiti per entrare in queste nuove case popolari di via Fioravanti? E qui siamo all’incredibile: hai diritto alla casa popolare solo se dimostri di essere un attivista ambientale o sociale. O meglio, se superi il “test di affinità” ai valori individuati dal Comune di Bologna e giudicati da un’apposita commissione. Praticamente, hai diritto alla casa popolare solo se, non solo la pensi come chi comanda al Comune, ma addirittura solo se fai parte dello stesso giro”.
Per avere conferma, basta andare sul sito del Comune e cercare il bando in questione. E si scopre che, effettivamente, accanto ai requisiti oggettivi, i candidati dovranno avere una certa affinità con l’ideologia green. Le domande potranno essere effettuate da nuclei familiari “composti da un massimo di quattro persone con reddito Isee tra 9.360 e 35.000 euro, con cittadinanza italiana o di uno stato appartenente all’Unione europea, ovvero provvisti di regolare permesso di soggiorno (se cittadini non comunitari), con residenza o attività lavorativa o attività di studio a Bologna”. E fin qui, nulla di strano. Ma poi arriva il bello: “Chi presenta istanza, avendo queste condizioni, dovrà poi dimostrare di avere alcune caratteristiche di affinità al progetto: esperienze di volontariato/attivismo in campo ambientale o sociale, esperienze formative o lavorative in ambito sociale o ambientale, oppure avere esperienze pregresse in condomini solidali o cohousing”. In altre parole, chi spera di accedere in un alloggio popolare, dovrà dimostrare di essere un attivista green o, sullo stesso piano, chi fa parte di collettivi o centri sociali. Loro, di cohousing, sono esperti.
È questa la degenerazione peggiore che si potesse immaginare. Manca soltanto la richiesta della tessera di partito e abbiamo tutto. Per avere il privilegio di una casa devi essere di sinistra. Per la proprietà transitiva, allora, chi è di destra, chi non crede nella deriva green, ma anche chi semplicemente non hai mai fatto attivismo, non potrà avere un alloggio. Una discriminazione bella e buona che viene proprio da chi ha fatto storicamente dell’uguaglianza sociale il suo storico cavallo di battaglia. A quanto pare, uguaglianza sì, ma non politica. Ma niente paura: a Bologna hanno ben pensato di sottoporre i candidati a un corso di ri-educazione green, tanto per essere sicuri che al colloquio nessuno abbia mentito: “I primi 21 nuclei selezionati secondo questi criteri saranno coinvolti in un percorso partecipativo e di formazione che, tramite incontri e laboratori che si concluderanno entro il mese di luglio, arriverà a selezionare i dieci nuclei che costituiranno la comunità di abitanti e ai quali verranno assegnati i dieci alloggi”.
Diventerà quindi un falansterio.
Scusatemi la domanda: ma che lavoro sarebbe “l’attivista”? Per cortesia, qualcuno ne conosce il codice ATECO, stipendio, tipologia di contratto, indennità varie?