Caso Carini, l’intervista a Ira Green: “La cultura woke distrugge tutto ciò che tocca”

La vicenda di Angela Carini ha scosso l’intera (o quasi) opinione pubblica. La 25enne napoletana, specializzata nella categoria welter, quest’oggi è scesa sul ring contro Imane Khelif, pugile algerina che, nelle competizioni passate, non aveva superato la “verifica del sesso” essendo stato riscontrato nel suo corpo un livello elevato di testosterone. Alle Olimpiadi delle derive woke, però, Khelif è stata ammessa e, al suo esordio sul ring, ha costretto Carini al ritiro dopo appena due colpi assestati all’avversaria e una trentina di secondi di match. Se questo episodio ha sollevato una grande polemica intorno ai regolamenti seguiti dalla Cio (tra le prime a prenderne le distanze, Giorgia Meloni), il mondo perbenista è rimasto in silenzio, talvolta pure ponendosi in difesa dei regolamenti e compiacendosi di una tale situazione. Sui social, però, c’è chi proprio non ha potuto restare a guardare. “In Italia parliamo tanto di violenza sulle donne e poi permettiamo alle nostre atlete di rischiare la vita su un ring contro quello che è (a tutti gli effetti: biologici e fisici) un uomo e lo chiamiamo pure “sport”. La cultura woke continua a distruggere tutto ciò che tocca”. È il post polemico di Ira Green, musicista rock italiana, una voce fuori dal coro del mainstream. La rocker non si limita a questo, specificando come la condizione di intersex in cui si ritrova Khelif, quella cioè di persone che “hanno caratteri sessuali primari e/o secondari non definibili come esclusivamente maschili o femminili”, imponga una riflessione più profonda: secondo Ira, insomma, Khleif “dovrebbe combattere con un’altra intersex, non con una donna”. L’abbiamo contattata per porle qualche domanda sul tema.

Ira, il pensiero unico sta appiattendo la nostra reazione alle ingiustizie?

Siamo diventati dei perpetui tolleratori di ingiustizie, ed è l’unica cosa sulla quale davvero non facciamo “distinzioni”. Divoriamo chiunque non abbracci quel pensiero che va per la maggiore e che rende inevitabilmente le persone “vittime” improvvisamente leciti carnefici. Basta esprimere un parere discordante, un dubbio e si diventa i principali nemici del (finto) bene comune. Anche bonariamente avere una lacuna d’informazione non sprona l’interlocutore a correggere la persona che si esprime ma lo istiga all’attacco. Ed ecco che succedono casi come quello di Imane Khelif. Nata donna ma affetta da iperandrogenismo, il che le fa praticamente produrre più testosterone di una donna e la rende obiettivamente più forte di una donna comune, risultata nel 2023 non idonea a combattimenti di classificazione femminile perché avente la coppia di cromosomi XY (tipica del sesso maschile), ma che oggi il nuovo regolamento le ha permesso di competere alle olimpiadi sfiancando in un paio di colpi Angela Carini. Tanto fin quando il culo non è il nostro chi se ne fotte? Fin quando le ingiustizie le subiscono gli altri, perché dovremmo dire qualcosa?

Insomma, Khelif è incontestabile? Non le si può recriminare di avere una potenza naturalmente maggiore rispetto a quella di una donna?

Non sia mai! Passiamo per dei retrogradi, ignoranti, omofobi… giudicatori universali di un mondo che oggi dice sì a qualsiasi cosa venga proposta su larga scala e non in dettaglio. Beh certo perché se si pensa che le stesse persone che accettano e supportano questo tipo di ingiustizie a prescindere da qualsiasi cosa nella loro piccola realtà non sanno scegliere tra latte intero e parzialmente scremato, è un po’ triste. Però a scegliere per il destino di qualcun altro si sanno prendere delle belle e grandi responsabilità. Non scherziamo. Quello a cui abbiamo assistito oggi alle Olimpiadi è stata una maldestra rievocazione di Davide contro Golia. Solo che il sasso che poteva tirare la Carini dopo arduo ed estenuante allenamento non era lo stesso masso che la Khelif le ha piazzato sulla faccia con tanta scioltezza, girandogliela come la bambina dell’esorcista. Vanno rivisti i regolamenti, vanno create categorie, non si possono mettere due persone con potenze dispari sullo stesso campo e poi cercare di giustificare a tutti i costi le conseguenze. Nessuno incolpa l’atleta (Imane) per la sua “condizione” ma nemmeno si può giustificare il tutto ancora una volta solo per questa moda del perbenismo da bar che stiamo instillando nelle persone.

Qualcosa non è andato nel regolamento.

Un regolamento ha permesso che un episodio di doping (seppure in modo inverso) passasse come corretto. La somministrazione di ormoni al fine di inibire il testosterone, non suona un po’ come un baro che prova a nascondere un asso nella manica?

È una deriva a cui dovremo arrenderci?

Se si continua a tollerare qualsiasi cosa senza porsi domande e soluzioni alternative, andremo incontro a tempi bui, dove la luce come al solito la potranno accendere solo le alte classi privilegiate borghesi che di noi, gente comune, non se ne fottono un cazzo.

2 Commenti

  1. Adesso iniziamo tutti a capire perché 1000 anni fa tra i miei antenati norreni anche le donne erano addestrate a combattere in battaglia con scudo e spada, le Schieldmäiden (ragazze scudo) o addirittura 2500 anni fa le donne Spartane sapevano lottare sia a mani nude che armate e dovevano difendere la città in caso di assenza dei soldati uomini.

    In questo mondo di adesso la barbarie woke si deve combattere non facendo assomigliare le ragazze a dei camionisti (senza offesa per la categoria) per poi falsare le competizioni, ma, invece, addestrando le ragazze a combattere nelle stesse discipline degli uomini eguagliandone la maestría e la destrezza senza cercare di strafare e superare limiti insensati, tenendo conto che le donne possono possedere agilità maggiore ma che invece il tentativo di aumentare la loro forza per eguagliare o superiore quella degli uomini porterebbe alla loro distruzione fisica e mentale, come fu nel caso delle atlete della ex Germania Est, oltre che annullare qualsiasi segno di femminilità, bellezza e grazia, che le donne hanno come doti in più rispetto agli uomini.

    Essere uguali agli uomini per gareggiare e combattere insieme e perché le donne siano complementari agli uomini quando questi non possono o non riescano a fare fronte agli eventi, ma non eguagliare o superare gli uomini nella forza per poi solamente cercare di prevalere sulle altre donne!!!!

    Come era in antichità.

    Questo episodio deve servire da lezione a noi italiani.
    Invece di protestare per i risultati non raggiunti, dando colpe agli arbitri e ai regolamenti di turno, mettiamoci sotto a lavorare per il futuro per dare modo alla prossima Carini di turno di rendere i suoi pugni di acciaio, mantenendo i capelli lunghi, il fisico 90-60-90, e portare minigonna e tacchi nella vita di tutti i giorni!!!!

    Donna con pugni di acciaio e non mezze uomini con pugni di ferro!!!!

    Se smettiamo di piangerci addosso e guardiamo gli esempi antichi c’è la possiamo fare.

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