C’è correlazione tra immigrazione e delinquenza. E non è colpa della mancata integrazione

C’è correlazione tra immigrazione clandestina e criminalità? A questa domanda, le repliche sono sempre state tra le più svariate. Fondamentalmente, la sinistra ha sempre mostrato l’intenzione di negare un tale nesso, ma i numeri rivelati dalle forze di Polizia raccontano tutt’altro. Al solito perbenismo della sinistra, per la quale anche il solo pensare qualcosa del genere viene considerato un atto di razzismo e di intolleranza verso gli ospiti extracomunitari, i numeri parlano chiaro: sì, c’è correlazione tra immigrazione clandestina e delinquenza. Ancora lontana, per fortuna, dal costituire grandissime metropoli e periferie “banlieue”, l’Italia, nelle sue città più popolose, rischia seriamente di avvicinarsi a quei modelli “cosmopoliti” che ammazzano il quieto vivere delle persone perbene.

A Milano, 91% dei furti per mano di stranieri

La rivelazione è stata fatta da La Verità, con Maurizio Belpietro che ha riportato i dati, riguardanti le periferie milanesi, emanati dal questore di Milano Giuseppe Petronzi in occasione del 172esimo anniversario dalla fondazione della Polizia di Stato. “I reati più aggressivi e percepiti come le rapine e le lesione – ha fatto sapere il questore – rispetto allo scorso anno sono aumentati da 893 a 960. Troppi e crescenti sono i casi in cui i giovani, soprattutto stranieri, hanno fatto ricorso a coltelli per sopraffare le vittime o rapinarle in strada”. La situazione, a Milano, appare dunque complicata: i reati sono in aumento, come in aumento è il contestuale coinvolgimento di stranieri nelle rapine registrate. 71% nel 2022, 81% nel 2023. I furti riconducibili a stranieri poi raggiungono il 91%. Forse, però, il dato più preoccupante rilasciato dal questore Petronzi riguarda il livello di impunità verso chi commette reati: dei 4750 arresti del 2023, quasi 300 persone sono state fermate due volte e circa 60 per tre volte. In pratica, commettono reati, non vengono fermati per più di un giorno, tornano liberi e commettono altri reati: “I recidivi rappresentano il 18%” ha detto il questore di Milano.

L’integrazione sbagliata, conseguenza delle teorie no-border

La situazione è dunque divenuta insostenibile, ancora lontana dai livelli di criminalità delle periferie delle grandi metropoli europee ma con un processo di avvicinamento a queste che potrebbe essere inesorabile. Parecchi clandestini – è un dato di fatto – mal si integrano, ma solo perché non c’è in loro la volontà di farlo: molti di loro, infatti, anche giovani e giovanissimi, non guardano di buon occhio lo stile di vita dell’italiano medio, di chi lavora e mette su famiglia. In realtà, svariate volte l’integrazione avviene, ma con la parte sbagliata della società: questi infatti, si uniscono a quei giovani italiani che giocano a fare i duri, a emulare modelli errati, a seguire le orme sbagliate dei criminali più o meno famosi. Ascoltano la trap, spesso si fanno di droghe leggere, forse solo per sentirsi grandi, e formano delle baby gang che devastano i quartieri. A queste si uniscono così i clandestini o anche immigrati di seconda generazione. Sta di fatto che il problema non è la mancata integrazione, come sostiene la sinistra. L’integrazione c’è, ma è rivolta al mondo sbagliato. Colpa, forse, di uno Stato che in quei luoghi non è presente e fatica a imporsi. D’altronde, diventa complicato integrare se si superano i livelli dell’immigrazione regolare. Nel senso che c’è un motivo se ogni anno lo Stato, il governo di turno, mette a disposizione dei “posti” in Italia per gli immigrati: perché sono questi a cui sono riservati fondi, risorse e dei piani di integrazione. Oltre questi, anche solo un immigrato in più troverà difficoltà a integrarsi. E vorrà forse imporsi, come successo a Pioltello per la questione Ramadan. Questo, dunque, il motivo che dovrebbe portare la sinistra a capire, finalmente, che le teorie no-border e favorevoli all’immigrazione a oltranza, non sono un bene né per il Paese ospitante né per lo stesso immigrato, che in questo modo non troverà mai la “vita migliore” che cercava durante la sua traversata nel Mediterraneo.

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