Rientro dei cervelli in fuga: è questa la parola d’ordine del governo Meloni, che ha già dimostrato sul campo il suo impegno non solo nel contrastare il fenomeno che priva la nostra Nazione di intelligenze e di professionisti, ma anche di incentivare il rientro di chi già si è stabilito all’estero. Dei circa 6 milioni di italiani all’estero, un milione risulta altamente qualificato: numeri che certamente l’Italia non può permettersi, visto che troppo spesso si sente parlare di nuove assunzioni (soprattutto nell’ambito sanitario) di personale straniero.
Nell’ultima legge di Bilancio, il governo Meloni ha già previsto un allargamento delle agevolazioni fiscali per chi sceglie di rientrare in Italia: i requisiti erano aver mantenuto il domicilio all’estero per tre anni; avere un’alta formazione; tornare cambiando datore di lavoro. Gli incentivi consistevano in agevolazioni del 50% (e non più del 30%) per il ritorno, con picchi del 70% per genitori di minori e per chi diventa genitore nei primi cinque anni dal rimpatrio. Cinque anni, poi, a cui potevano essere aggiunti altri tre per chi, rientrando, acquista una casa.
Ora, altre iniziative sono pronte per incentivare gli italiani al rientro. Oltre alle agevolazioni fiscali, il vero problema consiste nell’acquisto di una nuova casa. Molte volte, rientrare in Italia significa veder abbassare il proprio stipendio e dover fare i conti, magari, con un carovita più alto: viste le minori entrante, è dunque l’acquisto di un’abitazione a scoraggiare il rientro dei cervelli in fuga. Su questa constatazione è partita l’idea di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella Ripartizione America settentrionale e centrale. Di Giuseppe, intervistato oggi da Libero, è in contatto con l’Agenzia per i beni sequestrati alle mafie che, al momento, dispone di circa 10 mila immobili vacanti i cui costi gravano, ovviamente, sulle casse dello Stato: “L’idea – ha spiegato Di Giuseppe – è quella di prenderne un po’ e darli in comodato per tre o quattro anni alle aziende che s’impegnano ad assumere gli italiani all’estero che vogliono tornare. Dopo quel periodo le aziende potrebbero avere una prelazione per acquistare quegli alloggi e poi concederli in affitto ai suoi lavoratori o farne ciò che credono”. Sarebbe un bene per tutti: per lo Stato, sul quale non graverebbe il costo di alloggi e il peso di cercare loro una destinazione; per gli italiani rimpatriati, che troverebbero un alloggio facile; per l’economia, con nuovi posti di lavoro occupati.
L’obiettivo è favorire il rientro degli italiani, considerando soprattutto che “spesso svolgono professioni delle quali in Italia c’è gran bisogno. Penso soprattutto alla sanità: ci sono medici e infermieri già formati, che si trovano alle prese con strutture non certo d’eccellenza e che rientrerebbero volentieri in Italia”. Il progetto prenderà il via in Veneto entro la fine dell’anno e, se riscuoterà il successo sperato, potrà essere ampliato anche alle altre Regioni.