Cinque Stelle e Italia Viva, altro che campo largo: le faide interne logorano la sinistra

La telenovela del Movimento Cinque Stelle non sembra ancora aver subito una battuta d’arresto. Chissà se con la Costituente di ottobre Conte e Grillo sapranno metterci una pietra sopra, appianare le divergenze e cantare alla Di Maio “chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto”. Per adesso le cose vanno così: Grillo ha paura di perdere la sua priorità nel partito che lui stesso ha fondato sotto i colpi di un Giuseppe Conte che, dopo aver contribuito alla discesa negli inferi del Movimento, con un calo sempre più drastico registrato a ogni tornata elettorale (nel 2018 era il 33%, nel 2019 il 20%, ne 2022 il 16%, nel 2024 nemmeno il 10%), vorrebbe sfruttare le schiere di nuovi adepti che ha saputo crearsi concedendo loro un posto in Parlamento. E nel frattempo Grillo, ostinandosi a difendere il vincolo dei due mandati quale principio fondante del Movimento, si è indebolito con le sue stesse mani: e questo perché, da un lato, ha perso parecchi pezzi forti che avrebbero desiderato tornare in carica per la terza volta ma sono stati costretti a sottostare ai diktat del comico genovese; dall’altro perché, così facendo, ha di fatto eliminato dalle posizioni che contano i suoi fedeli. In ogni caso, l’esito del congresso di ottobre non è affatto scontato.

Grillo adirà le vie legali?

Oltre al vincolo dei due mandati che, ormai, sembra stare stretto alla maggior parte dei grillini, altre questioni vengono a galla. C’è quella dei 2 milioni di euro racimolati nel 2023 grazie alle offerte dei privati, c’è quella del simbolo e del nome del partito. In breve, Conte vorrebbe cambiarli, Grillo neanche morto. E così, per difendere qualcosa che Grillo reputa quasi di sua proprietà, il comico avrebbe fatto ricorso agli avvocati: secondo quanto si apprende dal Giornale, infatti, il genovese si sarebbe recato da uno degli avvocati più noti di Roma, e sarebbe pronto ad adire le vie legali per rivendicare l’utilizzo del simbolo. Vessillo dietro al quale pure si nasconde un po’ di confusione: il simbolo, infatti, sarebbe di proprietà dell’Associazione Movimento 5 Stelle, fondata dallo stesso Grillo nel 2016, ma ci sarebbero altre associazioni a rompere le scatole. Sta di fatto che per il comico genovese, l’ex premier, come ribadito sul suo blog, avrebbe tradito i principi fondamentali del Movimento e non sarebbe più idoneo a detenerne il nome e il simbolo. Conte dal canto suo non è rimasto a guardare: “Non accetterò mai di vivere in una comunità in cui c’è un soggetto sopraelevato rispetto alla comunità stessa – ha detto al Fatto Quotidiano –. È un principio antidemocratico”.

Caos nel fu Terzo Polo

Dall’altra parte del campo largo, o meglio quello che dovrebbe essere il campo largo, c’è Italia Viva che fino a ieri componeva il Terzo Polo con Azione e fino all’altro ieri faceva parte del Pd. Il suo leader, Matteo Renzi, sarebbe pronto a ritornare a sinistra e a formare l’area progressista del campo largo. Tuttavia, oltre alla faida proprio con Conte, che non vuole allearsi di nuovo con chi l’ha tradito nel 2021 (sancendo la fine del suo secondo governo), anche Italia Viva deve risolvere le problematiche interne. Questa brusca virata a sinistra proprio non piace a parecchi membri e così, dopo Ettore Rosato, passato ai cugini di Azione, lascia anche Luigi Marattin, che fonda un altro movimento, Orizzonti Liberali. Si trascina con sé alcuni dirigenti territoriali e annuncia: “Non condividiamo la scelta fatta dalla dirigenza di Iv di aderire al campo largo, nel metodo e nel merito”. Calenda subito ci prova: “Porte aperte” gli dice, ma anche lui deve stare attento al suo partito: Gelmini e Carfagna, secondo i rumors, sarebbero pronte a lasciare il progetto così come lo sposarono due anni fa. Le faide interne, dunque, logorano tutti i partiti del campo largo: come potrebbero andare d’accordo se prima non chiariscono le loro stesse divergenze?

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