Il conflitto per partito preso non è una risposta sana per la vita della Nazione. Se ne stanno accorgendo gli italiani che, proprio per questo, hanno scelto di affidarsi a Fratelli d’Italia, stabilmente da oltre un anno e mezzo intorno al 30%, e al centrodestra di governo, che può contare su una maggioranza forte in Parlamento e sulla serietà dei propri esponenti. L’abbandono della sinistra – oggi una sinistra più ideologica che mai – sta avvenendo anche a livello sindacale: è la CISL, il sindacato bianco, a registrare un ottimo risultato in quanto a nuove adesioni per il 2023. Sono infatti 29.500 i nuovi iscritti, un +0,72% rispetto all’anno precedente che permette di raggiungere la soglia dei 4 milioni e 111 mila aderenti. Crescono anche e soprattutto i lavoratori attivi di 53 mila unità, arrivando così a quota 2 milioni e mezzo circa, il 60,33% del totale.
Una crescita che arriva in un anno segnato da tante lotte e proteste sindacali. Proteste alle quali la CISL non ha scelto sempre di unirsi, talvolta anche restando isolata, rivendicando un modo diverso di far valere le proprie posizioni: confronto, dialogo, proposte, ascolto. “La CISL – ha spiegato il segretario generale Luigi Sbarra a Il Giornale – si è mobilitata unitariamente e anche da sola con l’obiettivo di aprire e far vivere tavoli di confronto per conquistare i risultati per le persone che rappresentiamo: dialogo e proposte sempre, la protesta quando serve”. Una scelta che ha ben fruttato: le adesioni sono aumentate dopo il riconoscimento da parte dei lavoratori della serietà di un sindacato che non ha scelto di scendere continuamente in piazza solo perché al governo c’è un partito politicamente distante. Lo dice chiaramente Sbarra, con una stoccata ai colleghi della CGIL: “Il sindacato non deve vendere sogni né limitarsi al conflitto sterile: la sua missione – dice – è negoziare, fare avanzare tutele e diritti facendo i conti con la realtà”.
Serietà dunque nelle lotte che si scelgono di affrontare e nelle modalità con cui si esplicano le proprie richieste. Il confronto con la CGIL è d’obbligo: solo ieri, infatti, il segretario generale Maurizio Landini è intervenuto attaccando il governo sulla riforma dell’Irpef (“Ognuno – ha detto – deve pagare in base alla propria capacità contributiva quindi no alla flat tax”) e ribadendo l’importanza di una tassa patrimoniale (“È tassato di più il lavoro e la pensione che non la rendita finanziaria e immobiliare”). Come detto, critiche ideologiche, che scelgono di non vedere i dati così come sono: il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento dei primi due scaglioni hanno comportato un aumento in busta paga per 14 milioni di italiani; in pratica, anche se il governo ha aumentato gli stipendi dopo anni di inerzia, Landini corre a lamentarsi. In risposta, ancora Luigi Sbarra, spiegando come il suo sindacato abbia scelto di non unirsi alle proteste ideologiche simili, come quelle per il salario minimo: “Difficile – dice – non vedere nella crescita della CISL una risposta a certi rischi populisti, ai rischi di derive demagogiche che si esercitano anche nella pretesa di regolare con norme di legge materie che – conclude – devono restare dentro il perimetro delle relazioni industriali”.