Clamoroso: “L’Influencer” di Renzi non è un’autobiografia

Nel 2012, in preda alla disperazione per la situazione nel Pdl, andai a votare Matteo Renzi alle primarie del Pd. No, non perché fossi improvvisamente impazzito al punto da diventare di sinistra, ma perché speravo in quella che definii “rottamazione a catena”: se il Pd si fosse rinnovato, il Pdl si sarebbe visto costretto a fare lo stesso.

Allora lo ritenevo l’unico modo per rompere lo stallo, visto che Berlusconi si rifiutava di concedere le primarie per paura che Giorgia Meloni gli contendesse la leadership.

Ovviamente mi illudevo.

Col senno di poi, però, meglio così. Quello fu il punto di non ritorno da cui nacque Fratelli d’Italia, partito che Giorgia ha fondato sulle macerie lasciate da Gianfranco Fini e che ha portato, passo dopo passo, fino al 30% e alla guida della nazione.

Eppure, oggi deve sentirsi fare il pistolotto da uno che voleva fare la storia e invece è finito nelle note a margine della cronaca politica, insieme a tutti quelli che hanno promesso una rivoluzione e poi hanno fatto l’esatto contrario.

L’ultima trovata di Matteo Renzi? Scrivere un libro dal titolo L’Influencer. No, non un’autobiografia, ma un pamphlet su Giorgia Meloni. Uno che ormai fa l’influencer a tempo pieno perché in politica non conta più nulla, scrive un libro per dare dell’influencer alla prima Presidente del Consiglio donna. 

Nel tweet di lancio Renzi avverte: «dirò su Meloni quello che i media non osano».

Sul serio, Matteo? Gli stessi media che la insultano, la attaccano senza sosta e la dipingono ogni giorno come un pericolo pubblico? Poi, la sentenza: «l’Italia non ha bisogno di un influencer, ma di un presidente».

Vero, lo hanno capito anche gli italiani, che infatti lo hanno mandato a casa e hanno scelto un Presidente vero: Giorgia Meloni.

13 anni fa Renzi sembrava il Messia: rottamare la vecchia politica, cambiare tutto. Invece ha fatto come i peggiori politicanti, tra cui gli odiati grillini: giravolte, inciuci, slogan vuoti. «Andrò al governo solo dopo aver vinto le elezioni», e ha fregato il posto a Letta con un giochetto di palazzo. «Se perdo il referendum sparisco», e invece eccolo qua. «Mai con i 5 Stelle», e ha partorito il governo più disastroso della storia repubblicana con Conte e Di Maio: gestione della pandemia da regime, miliardi bruciati, Italia in ginocchio. «Biden sarà un grande presidente», e il mondo brucia.

Tuonava contro i partitini, poi ha fondato Italia Viva, un ectoplasma inchiodato al 2%. Promuoveva la riforma per il Sindaco d’Italia e oggi sogna governi tecnici e ribaltoni, perché sa che gli italiani non lo rivoteranno mai più.

Il Pd lo portò al 40% nel 2014, e lui si credette Re Sole. Due anni dopo, il suicidio al referendum avrebbe dovuto fargli capire che il re era nudo. Gli italiani avevano visto il bluff: tutto chiacchiere e distintivo. Il Pd crollò al 18%, fu costretto a sloggiare e il massimo che è riuscito a fare dopo è un partito lillipuziano.

Invece di fare un po’ di sana autocritica e magari andare in terapia, scrive libri per spiegare ad una leader globale come si fa a essere leader. A Meloni, che ha costruito tutto dal niente, mentre lui distruggeva “la ditta” ereditata. 

Giorgia non ha mai tradito la sua gente, non ha mai blaterato promesse che non poteva mantenere. Oggi è il leader più rilevante d’Europa, il ponte tra Bruxelles e Washington. Nel frattempo, Renzi accusa Musk ma trascorre le sue giornate su X, recensisce, cerca un microfono, una telecamera, un trafiletto su un qualsivoglia quotidiano.

Lei governa, lui chiacchiera. Lei decide, lui sproloquia. In politica, finalmente, vince chi mantiene le promesse, non chi le tradisce con la puntualità di un orologio svizzero. Vince chi lotta per difendere il popolo, non chi lo usa per garantirsi una poltrona. Gli italiani lo sanno e l’hanno mandato a casa.

Lui invece si illude ancora. Scrive compulsivamente nella speranza di rientrare dalla finestra dopo essere stato cacciato dalla porta. Magari con un bel collegio sicuro.

Ormai da tempo Renzi non è più un protagonista della politica, e ora che l’emorragia di voti è finita, inizia quella di follower.

Il prossimo step? Diventare il nuovo Paolini, il mitologico tizio che si metteva dietro ai giornalisti per apparire in televisione. Oppure andare al Grande Fratello Vip, magari insieme alla Ferragni. I Renzagni. Figata, sai quanti follower? Altro che la Meloni.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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