Cosa cambierà nella NATO ed in Occidente dopo la nomina di Mark Rutte?

Jens Stoltenberg terminerà il suo mandato come Segretario generale dell’Alleanza Atlantica il prossimo Ottobre, al suo posto arriverà Mark Rutte, già Premier olandese e futuro successore della confederazione occidentale.

Per lui un onore portare il vessillo blu, ma le nuove sfide all’orizzonte si sono rivelate piuttosto ardue e nelle sue mani ci sono le sorti di un paese come l’Ucraina, che potrebbe restare impegnata nel conflitto con la Russia fino a data incerta. A proposito, le congratulazioni sono arrivate da molte personalità politiche europee, così come dall’Italia e dallo stesso Presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Qualcuno crede sia presto per fare pronostici e probabilmente non sbaglia, ma la sua nomina, anche in vicissitudine delle nuove elezioni americane che vedono Donald Trump impegnato ancora una volta per la corsa alla Casa Bianca, potrebbe essere un punto decisamente centrale per scrivere il prossimo capitolo della storia occidentale. Non che ci voglia molto, sia chiaro, d’altra parte l’Amministrazione Biden è stata disastrosa fino a questo momento: tra scivoloni in senso metaforico ed anche fisico, i quali di certo non hanno aiutato in alcun modo gli Stati Uniti d’America sul versante internazionale, anzi ne hanno favorito sensibilmente una colata a picco.

Qualunque sia il destino di Rutte, starà a lui affermarsi all’interno del versante euratlantico, ora come ora la necessità è quella di innovare e costruire, in un periodo decisamente particolare a livello globale. Per il Neo-nominato, tuttavia non c’è soltanto la questione ucraina, ma anche quella mediorientale, viste e considerate le difficilissime relazioni tra Israele e Palestina, quest’ultima ora ridotta ad un cumulo di macerie a causa degli eventi che si sono susseguiti dallo scorso 7 Ottobre.

Che la regione araba non sia facilmente gestibile, lo dimostra proprio la sua storia: basti pensare ai conflitti del secolo breve che hanno coinvolto Iraq ed Afghanistan, l’ultimo in una guerra sia con le truppe sovietiche, sia con quelle americane. In sintesi, l’Ex presidente olandese dovrà vedersela stavolta con un reale campo largo, perché questa superficie terrestre sta diventando sempre meno ospitale.

Qualcuno l’ha soprannominato con l’appellativo “The Trump Whisperer”, ossia colui che sussurra all’orecchio di Trump, ma forse è un po’ presto per pensare alle intese tra i due: mai dire mai, vuoi per un interesse o per l’altro, spesso anche i pensieri similari possono scontrarsi con qualche cruccio non ben definito. Tuttavia queste dicerie potrebbero rivelarsi effettivamente fondate, visto e considerato che nel 2018 riuscì a convincere il Tycoon nell’investimento per la difesa ed anche in Europa.

In questo discorso, però, sarebbe giusto menzionare anche la carriera di Stoltenberg fino a questo momento: la gestione delle politiche occidentali fino a questo momento non è stata proprio delle migliori, complice sicuramente una fortissima ingerenza negativa dell’amministrazione americana dem, la quale peraltro non ha fatto nient’altro che appesantire il carico, non trovando alcuna soluzione repentina sull’invio di aiuti all’Ucraina, tanto per fare un esempio pratico e rinomato.

Ora Mark Rutte, tra i molteplici impegni, avrà anche il dovere di mostrare al mondo se e quanto è veramente importante l’Alleanza atlantica per gli equilibri tra paesi nordamericani ed europei: il compito sarà comunque difficile, considerando che le istanze progressiste a livello locale ed istituzionale – specialmente in UE – faranno veramente di tutto per rendere quasi impossibile una concomitanza che possa accontentare una plausibile maggioranza di destra. 

Il futuro è in grado di dare torto oppure ragione agli uomini incaricati di sorti ben precise, per la Russia e per i paesi BRICS cambierà veramente poco, stando alle pretese del Cremlino e dei suoi alleati, tra cui spiccano per clamore mediatico Cina, Iran e Corea del Nord. Per i paesi europei invece cambierà moltissimo, perché una visione differente della politica estera potrebbe portare risvolti ben precisi – negativi o positivi – in base alle scelte compiute.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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