Conte non può essere audito all’interno della commissione d’inchiesta sul Covid. Lo dicono i regolamenti: chi è in una commissione, non può essere interrogato al suo interno perché sorgerebbe un conflitto di interessi. Sta accadendo la stessa cosa anche all’ex magistrato, il grillino Cafiero De Raho, che si dice disponibile ad essere audito ma sa benissimo che non può. Così anche l’ex premier grillino che, dimentico – diciamo – delle norme che regolano le commissioni, dice al pubblico di voler essere audito, forse più per ripulirsi la faccia che per vera volontà di essere interrogato.
Poteva pensarci prima…
Se è così forte la sua voglia di contribuire al bene e alla ricerca della verità su un periodo così buio come la pandemia, avrebbe dovuto pensarci due volte prima di cacciare i grillini nominati d’ufficio e presentarsi al loro posto: era logico, matematico, dogmatico che Conte sarebbe stato chiamato ad esporre i fatti all’interno della commissione, lui, Presidente del Consiglio durante il Covid, responsabile delle infinite chiusure e delle limitazioni di libertà fondamentali attraverso Dpcm, quindi atti amministrativi inidonei per un tale scopo, che gli italiani hanno dovuto subire a loro spese tra il 2020 e il 2022. Lui, “avvocato del popolo”, pur sempre avvocato, avrebbe dovuto conoscere le norme che regolano le commissioni. E in effetti in questo caso – e ci dispiace farlo – risulta più semplice pensare che Conte fosse (lasciamo sempre il beneficio del dubbio) in mala fede, che cioè il leader del Movimento Cinque Stelle sapeva benissimo a cosa andava incontro, che una volta all’interno della commissione non sarebbe stato possibile essere audito. Che ora le sue dichiarazioni circa la sua volontà di essere interrogato e di poter fare la sua parte per la ricerca della verità, siano insomma volutamente tardive.
Una soluzione ci sarebbe
Conte ha infatti dichiarato che è suo “dovere fornire un contributo diretto alla conoscenza dei fatti”. Questo perché “non stiamo qui a scherzare, sono successi fatti seri e se sono qui è perché avverto la responsabilità di aver gestito una pandemia in prima persona quando altri dicevano tutto e il contrario di tutto. La mia volontà nero su bianco è di offrire il mio contributo”. Non si spiega però come mai, a questo punto, abbia insistito tanto per far parte della commissione e neppure perché, alla fine, non abbia dichiarato la sua chiara incompatibilità, vista la sua interferenza in prima persona nei fatti su cui si indaga.
Eppure una soluzione ci sarebbe: quella, cioè, di dimettersi, essere poi audito e infine venire riammesso. Ma Conte ha detto già di no, di non voler rinunciare al suo posto in commissione con il timore, poi, di non essere riammesso per incompatibilità. Malgrado essere incompatibili non sia un reato, ma soltanto un dato di fatto che andrebbe rispettato.
In assemblea, Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione, aveva spiegato bene la paradossale situazione: “Dovesse essere l’unica soluzione, per essere audito, quella di dimettersi pro tempore, la esclude all’origine? Perché non vorrei che tutto questo si traducesse in un “vorrei ma non posso”. “Non posso essere audito e non è colpa mia”. Questo sarebbe molto irrispettoso nei confronti di tutti gli italiani”.
La reazione di FdI: “Altro che avvocato che popolo!”
Da Fratelli d’Italia non le mandano certo a dire: “A parole Giuseppe Conte afferma di voler essere audito, dando sin da ora la sua disponibilità, e di voler contribuire con la sua audizione a fare chiarezza sulla gestione della pandemia. Ma nei fatti scappa nascondendosi dietro le burocrazie e i tecnicismi. Infatti, Conte sa benissimo che restando componente di Commissione, intenzione peraltro ribadita con fermezza in seno alla Commissione appena riunitasi, non potrà essere audito. Insomma, un cavillo perfetto che suona come: vorrei tanto, ma non voglio!”.
Dunque, “altro che ‘avvocato del popolo’. Conte sta recitando la parte dell’Azzeccagarbugli di se stesso. L’ennesima presa in giro, che Fratelli d’Italia non permetterà, verso tutti gli italiani, soprattutto di coloro che hanno perso un proprio caro durante la pandemia”.