Il verdetto nei confronti degli ex amministratori di Banca Etruria arriva nella tarda serata di ieri, con un’ora di ritardo rispetto ai tempi che il Gup Giampiero Borraccia si era dato. Una sentenza che arriva al termine di una giornata piena di tensioni, e che, inaspettatamente per i più scettici, si è rilevata essere una fotocopia delle richieste della procura di Arezzo, condotta da Roberto Rossi, nei confronti dei quattro imputati che avevano optato per il rito abbreviato.
Il Giudice Borraccia ha pronunciato le sentenze per bancarotta e bancarotta fraudolenta e ha condannando a 5 anni gli imputati Giuseppe Fornasari e Luca Bronchi; a 2 anni Alfredo Berni e ad un anno Rossano Soldini, rinviando a giudizio per il rito ordinario gli altri amministratori coinvolti.
Inutilmente gli avvocati difensori hanno provato a dire che gli imputati avevano seguito la corretta prassi bancaria: il giudice ha tirato le fila e scelto la ricostruzione della procura di Arezzo, che aveva ripercorso tutte le attività che avrebbero causato il dissesto finanziario, tra cui l’acquisto di uno yacht a Civitavecchia, i finanziamenti per il relais San Carlo Borromeo e le vicende collegate al finanziere Alberto Rigotti.
Le indagini prendono inizio esattamente l’11 febbraio 2015 quando i funzionari di Banca d’Italia interruppero la riunione del cda, commissariando di fatto l’istituto. A quel punto Banca Etruria era tecnicamente fallita. Sul tavolo del procuratore finirono una serie di crediti e finanziamenti mai rientrati, responsabili del fallimento di una banca che, stando a quanto messo insieme durante le indagini, era stata totalmente svuotata proprio da una gestione delinquenziale, ed in constante conflitto di interesse.
Per i big di Banca Etruria è una vera stangata, che arrva dopo le innumerevoli proteste organizzate fuori dal tribunale dall’Associazione Vittime del Salvabanche, che esprime soddisfazione per questo primo atto di giustizia, anche se si tratta sempre di un primo grado.
Con questa sentenza si conferma quello per cui abbiamo lottato fin dagli albori di questa vicenda: la Banca era gestita da un management criminale, che continuava a curare esclusivamente il proprio interesse mentre la banca cumulava perdite da capogiro per colpa di prestiti concessi con leggerezza e senza alcuna lungimiranza, oltre che in pieno conflitto di interessi. E quando infine si doveva mascherare lo stato di dissesto di fronte ad un’autorità di vigilanza arrivata tardi e male, si decideva di “scaricare” questa gestione scellerata sui clienti, con la vendita indiscriminata dei bond subordinati. Tanto che il Giudice ha riconosciuto ai risparmiatori il diritto di far valere il danno morale subito in questa vicenda. Finalmente un pò di giustizia in tutta questa brutta storia.