Dal pandoro della Ferragni all’uovo pasquale tarocco di Fabio Fazio

Cronaca minima di due morali zuccherose che si sono sciolte al sole della realtà

Prima fu il Pandoro della Provvidenza di Chiara Ferragni, venduto con etichetta benefica e contenuto ben più mondano. Oggi è il turno dell’uovo pasquale del Compagno Fazio, con ingredienti da favola e certificazioni… un po’ meno reali.
La dolce narrazione delle celebrità con cuore artigiano e sogni equosolidali comincia a mostrare qualche crepa. O forse qualche cioccolatino troppo ben incartato, per mascherare la solita logica del marketing travestito da etica.

Il Willy Wonka della Riviera e la sua fabbrica dei sogni

«Volevo fare il miglior cioccolato del mondo», raccontava emozionato Fabio Fazio sul sito della sua azienda dolciaria Lavoratti 1938, storica fabbrica di Varazze salvata da un destino amaro insieme alla moglie Gioia Selis e agli amici ristoratori Davide Petrini e Alessia Parodi.
Un progetto nobile, condito da confezioni di design, collaborazioni con la Gucci Osteria di Bottura e uova di Pasqua da 340 euro, come l’“Uovo Futurista 2025”, custodito in guscio di ceramica d’autore.

Sulla carta (riciclata, si spera), un sogno goloso per borghesi col palato raffinato e l’animo ecologista. Peccato che l’etichetta abbia fatto cilecca.

Quando l’etichetta vale più del contenuto. Nel febbraio 2024, un’ispezione dei Carabinieri del Comando per la Tutela Agroalimentare ha smascherato il trucco: ingredienti DOP e IGP dichiarati sulle confezioni non erano presenti nei prodotti.
Le etichette parlavano di pistacchio verde di Bronte, nocciola di Giffoni e sale marino di Trapani, ma dentro si trovavano pistacchi generici, nocciole piemontesi e sale qualunque. Il tutto senza le necessarie autorizzazioni dai consorzi.

Il risultato?

  • 13 sanzioni per un totale di quasi 100.000 euro,
  • 1.200 confezioni sequestrate,
  • dimissioni di Fazio e della moglie dal CdA dell’azienda,
  • modifica delle etichette online, che oggi parlano più genericamente di “pistacchi” e “nocciole”.

(Fonte: La Verità, 17 aprile 2025, Open, 15 dicembre 2024, StartupItalia, 2025)

Narrazione artigiana, pratiche da catena. Tutto regolare? Quasi. Perché mentre Open racconta i fatti con toni sobri e StartupItalia fa l’anamnesi finanziaria (crescita dei ricavi, 2 milioni di euro versati dai soci per rilanciare), La Verità ha colto l’aspetto più gustoso della vicenda: il paradosso morale.
Fazio, volto rassicurante della TV pubblica, baluardo della sobrietà progressista e delle buone cause, finisce col vendere cioccolatini più ricchi di storytelling che di ingredienti certificati.

Dalla favola alla figuraccia

Che si tratti di “errori formali”, “mancato allineamento ai disciplinari” o semplice peccato veniale, il punto è un altro: non puoi vendere l’immagine dell’uomo etico e trasparente, e poi inciampare sulla tracciabilità del pistacchio.

Un dettaglio che non è sfuggito nemmeno ai clienti più fedeli, che nel frattempo hanno visto le uova d’élite salire oltre i 300 euro mentre le barrette venivano confezionate come matite o romanzi brevi, per dare al lusso un’aura culturale.

Etica zuccherata, trasparenza a fasi alterne. C’è chi ha pagato un pandoro con messaggio benefico e ha trovato un bonifico mai fatto, e chi ha speso centinaia di euro per un uovo “con pistacchio DOP” e ha ricevuto un ingrediente qualsiasi.
Il problema non è solo legale, ma culturale e simbolico: quando i simboli dell’etica diventano strumenti di marketing, la fiducia si scioglie — come cioccolato al sole.

E adesso? Lavoratti continuerà il suo percorso, magari con più attenzione alle etichette. Fazio resterà il “compagno col cioccolatino”, un po’ come la Ferragni resta la benefattrice col pandoro brandizzato. Ma una cosa è certa:
la dolcezza mediatica, quando incontra i controlli reali, rischia di lasciare l’amaro in bocca.

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