Def, taglio del cuneo fiscale anche nel 2025

Aprile è tempo di Def. E ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Documento di Economia e Finanza contenente le previsioni per l’anno prossimo. Un Def, quest’anno, con qualche novità: non è presente il quadro programmatico, quello, cioè, che contiene le misure che l’esecutivo intende applicare per il prossimo anno. Si è in attesa, infatti, che l’Europa, a causa del nuovo Patto di Stabilità, indichi linee guida più certe su cui il Governo potrà basarsi per indicare le misure. Indicazione che, comunque, arriveranno prima del 20 settembre.

Taglio del cuneo e riforma Irpef confermati per l’anno prossimo

Nonostante questa novità, è stato possibile prevedere già una spesa per il 2025. Spesa che dovrebbe darsi intorno ai 23 miliardi di euro. Questo perché, di base, già molte delle misure contenute nell’ultima legge di Bilancio saranno certamente riconfermate. La parte dell’ultima finanziaria riservata a portare avanti la riforma fiscale era, infatti, la più corposa: l’intenzione è dunque quella di proseguire sulla stessa scia dell’anno scorso e, nel caso di presenza di risorse aggiuntive, allargare i benefici anche ad altre fasce di cittadini. In particolare, il riferimento è al taglio del cuneo fiscale e all’accorpamento degli scaglioni Irpef. Taglio del 7 per cento per i redditi fino a 25mila euro e del 6 per cento per i redditi fino a 35mila euro; in più, gli scaglioni, dopo essere passati già da cinque a quattro, hanno conosciuto un altro accorpamento nell’ultima legge di Bilancio, passando a tre. Due misure che, da sole, richiedono un investimento di circa 14 miliardi di euro e che, di nuovo, saranno riconfermate: uno smacco, questo, alle opposizioni che avevano più volte criticato i provvedimenti per non essere pienamente a regime. La solita ipocrisia sinistra: quando erano al governo, festeggiarono per il taglio, per un solo anno, del 2%. Sono ancora altre le misure volute dal Governo Meloni che attendono una riconferma, in particolare bonus e incentivi, come quello sul canone Rai o la decontribuzione per le mamme lavoratrici. In tutto, una prima previsione prevede una spesa di circa 25 miliardi di euro.

Il peso del Superbonus sul debito

Come detto, però, c’è l’intenzione di allargare i benefici anche ad altre categorie di cittadini: si pensa a una detassazione maggiore delle tredicesime per i redditi sotto i 15mila euro o a un allargamento del taglio del cuneo fiscale anche ai redditi medi, sotto i 55mila euro. Ci spera il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, che però al contempo richiama alla calma: serve la compatibilità con i conti pubblici. Compatibilità che, anche quest’anno, sarà difficile da ottenere a causa, ancora una volta, del peso dei bonus grillini che gravano corposamente sulle casse dello Stato, nonostante le continue limitazioni volute dal Governo Meloni. Il debito, infatti, è previsto in modo inevitabile in aumento: sotto i 140 miliardi fino al 2027, ma comunque crescente, passando dai 137 di quest’anno ai 139 dell’anno prossimo. I bonus edilizi portano un peso di circa 200 miliardi di euro e il ministro dell’Economia Giorgetti è stato chiaro: il debito è “pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del Superbonus nei prossimi anni”. Una buona notizia, però, riguarda l’inflazione, che ha oramai raggiunto livelli più bassi della media europea. Sotto l’obiettivo del 2%: “Questo significa che per l’Italia siamo a livelli che giustificherebbero decisioni da parte della Bce per un allentamento sul fronte dei tassi”.

La cantonata del PD smentito dall’Ue

Dalla sinistra, però, arriva la cantonata della giornata. A lamentarsi, in particolare, è il capogruppo del PD al Senato Francesco Boccia. La cantonata arriva proprio sulla mancanza del quadro programmatico. “Siamo molto preoccupati per il Def. Presentarlo senza la parte programmatica è da governo dimissionario. È da Camere sciolte e fine legislatura che invece è al secondo anno”: così Boccia. I dem, come appare palesemente, confusi dai litigi interni, non solo non ricordano che tale pratica è stata utilizzata già da altri governi ai quali pure avevano preso parte, ma neppure ascoltano le parole dei vertici europei, che rassicurano: “Ci troviamo in una situazione un po’ particolare in cui le vecchie regole prevedono che entro la fine di questo mese i Paesi debbano presentare il loro programmi di stabilità e convergenza e i loro programmi nazionali di riforma. Ora ci aspettiamo che le nuove regole entrino in vigore subito dopo tale scadenza. Quindi non ha molto senso pratico costringere i Paesi a sprecare risorse in questo processo”. Anche la Commissione europea smentisce il PD.

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