Mercatone Uno, Ilva, Alitalia. Sono solo alcune delle grosse aziende all’attenzione del Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Da gennaio a giugno i tavoli di crisi al Mise sono passati da 138 a 158. Migliaia di dipendenti in bilico, milioni di euro in ballo per società che rappresentano la storia dell’industria italiana. Il Sole 24 Ore riporta che si tratta di circa 49mila lavoratori coinvolti al Nord, 44mila al Sud, 37mila al Centro. Circa il 35% dei quasi 210mila lavoratori è impiegato in imprese a maggior rischio di chiusura, quindi dalla ricollocazione più complessa. Un tavolo su cinque, riguarda aziende che in parte o totalmente sono state interessate da cessazione di attività in Italia per delocalizzazione all’estero.
L’altro tema infatti è che si delocalizza sempre di più, mentre gli investitori stranieri scappano. Unilever, Fca, Ancelor Mittal a Taranto, Whirlpool, sono solo alcune delle grandi aziende che hanno deciso di spostare i loro stabilimenti fuori dall’Italia o di chiuderli addirittura. Situazioni drammatiche che anche se non sono state create dall’attuale Ministro, nell’ultimo anno sono state gestite nel peggiore dei modi.
Mentre Confindustria accusa l’ala pentastellata dell’attuale di governo di volere la fine dell’industria italiana e nello specifico Di Maio di essere “una minaccia per il lavoro”, nel concreto quello che sta succedendo in queste settimane sembra dare ragione alla rabbia di industriali e sindacati.
MERCATONE UNO
“Se Mercatone Uno viene commissariata, come è in effetti, deve a sua volta essere controllata da Ministero e Parlamento.” Elena Donazzan, Assessore all’istruzione, alla formazione, al lavoro e alle pari opportunità della Regione Veneto, ha sempre seguito da vicino la vicenda di Mercatone Uno. L’assessore è entrata a far parte della squadra di Fratelli d’Italia rappresentando per il partito un riferimento molto importante per l’attenzione che ha dimostrato nei confronti dei problemi del suo territorio.
Con particolare applicazione ha seguito infatti tutti gli sviluppi della vicenda dell’industria italiana, denunciando le anomalie senza alcun timore: “I commissari, dopo tre avvisi pubblici per la vendita andati deserti, passano, come prevede la legge, alla trattativa privata e a quel punto vendono a una società neo costituita, altra grave anomalia. Quindi il Ministero non ha vigilato sui commissari, mentre questi ultimi non hanno eseguito il loro ruolo, perché quando fai una trattativa privata, valgono comunque le regole di un’asta pubblica e devi essere certo di chi ti ritrovi come controparte.”
Anche in Senato il lavoro dei senatori di Fratelli d’Italia Adolfo Urso, Giovanbattista Fazzolari e Luca Ciriani ha portato a produrre un’interrogazione a risposta orale al Ministro dello Sviluppo Economico lo scorso 11 Giugno, che chiede chiarimenti circa la responsabilità della mancata vigilanza sul fallimento di Mercatone Uno “anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità per la mancanza di un’adeguata e attenta valutazione circa l’affidabilità della società e di fugare ogni dubbio circa possibili azioni speculative da parte di gruppi esteri”.
E inoltre si chiede “quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire una tempestiva ed efficace soluzione alla difficile situazione economico-lavorativa che si è venuta a creare e un effettivo piano di salvataggio e rilancio dell’azienda”. Alla Camera, in question time l’onorevole di Fdi Marco Gemmato: “Anche la politica senta la responsabilità dell’accaduto e restituisca dignità ai lavoratori”.
ILVA
A Taranto la situazione è critica. L’ex Ilva rischia di chiudere veramente senza che sia fatta una bonifica della zona industriale. A lanciare l’allarme per Fdi Erio Congedo, consigliere regionale, e Marcello Gemmato, deputato pugliese. Tra Arcelor Mittal e i sindacati non c’è nessun accordo.
Il prossimo 4 luglio è in programma il vertice al Mise sul delicato tema dell’immunità penale, appena revocata dal governo dal prossimo 6 settembre. Per Arcelor Mittal lo stabilimento chiuderà in quella data senza una tutela legale sugli interventi del piano ambientale. Dunque ricapitolando, Luigi Di Maio ha prima apposto la firma sul patto con gli acquirenti esteri, ma adesso si dice pronto a cambiare le carte in tavola. Il messaggio che passa agli occhi degli investitori è di totale inaffidabilità per l’industria italiana: se concludete un accordo con l’Italia, rischiate che questi cambino idea all’ultimo.
Intanto il consiglio dei ministri è stato disertato da Di Maio prima e abbandonato da Salvini poi, segno che il braccio di ferro sui temi caldi, tra cui Ilva, non sembra attenuarsi. Il fronte leghista, al contrario di quello pentastellato, è per prolungare l’immunità ad Arcelor Mittal. Matteo Salvini, infatti, è intervenuto dicendo che avrebbe «lasciato la garanzia legale. Di Maio mi assicura che non rischia, io mi fido. Con 15mila posti di lavoro non si scherza. Non si può cambiare un contratto in corso d’opera».
ALITALIA
Sul fronte Alitalia invece ci troviamo in piena strategia pre-trattativa. I soggetti del contendere sembrano essere essenzialmente due. Da un lato Atlantia della famiglia Benetton e da un lato Claudio Lotito, Presidente della S.S. Lazio e di altre società minori di servizi. I due soggetti sono imparagonabili tra loro, per possibilità e capacità eppure Lotito sembra avvantaggiato dall’astio che proverebbe Luigi Di Maio nei confronti della famiglia Benetton.
Atlantia dal canto suo, tramite il suo amministratore delegato Castellucci, chiede la normalizzazione dei rapporti tra il governo e autostrade. Sul tema autostrade infatti (Autostrade per l’Italia s.p.a. è una controllata di Atlantia, ndr) il 5 stelle ha più volte minacciato tramite il Ministro dei Trasporti Toninelli, di revocare la concessione alla famiglia Benetton dopo il crollo del ponte Morandi.
Non è chiaro se dalle minacce si passerà mai al concreto, ma di fatto questo timore crea grossa instabilità al gruppo. Come lo creano le continue esternazioni di Luigi Di Maio volte a destabilizzare l’azienda: “Atlantia è decotta, affonderebbe Alitalia”. Il sospetto è che si dia credito a Lotito solo per non darlo ad Atlantia, per ripicca. Basta che non si affidi il rilancio di un’azienda importante come Alitalia agli umori e le ripicche del politico di turno. Lufthansa, seppur in disparte rimane in gioco, anche se acquisirebbe solo una parte della flotta di Alitalia, senza rilevare neanche i servizi di terra.
A tal proposito di notevole importanza è l’emendamento presentato da Giovanbattista Fazzolari e Adolfo Urso, che stabilisce che chiunque presenti offerte d’acquisto per le attività aziendali facenti capo ad Alitalia, lo faccia esclusivamente per lotto unico. Mostrando interesse non solo per Alitalia ma per tutto l’hub strategico di Fiumicino. Leggi qui.
Si tratta di un’estate decisiva per l’industria italiana, per i lavoratori il rischio più grande, migliaia di famiglie rischiano di rimanere senza lavoro.
Flaminia Camilletti