Due anni di governo Meloni. Due anni di impegno e di obiettivi raggiunti

Il tempo scorre veloce e abbiamo già superato il secondo anniversario dell’insediamento del Governo presieduto da Giorgia Meloni e sorretto da una coalizione di centrodestra trainata da Fratelli d’Italia. La netta affermazione alle Politiche del 2022 dello schieramento conservatore e patriottico guidato dalla poi divenuta premier Meloni, ha scioccato le varie sinistre e tutti i loro supporter attivi nel mondo della informazione, a cominciare dal Partito Democratico, abituato per un decennio a fare e disfare governi in barba alla volontà popolare. Per la prima volta, dopo dieci anni circa e dopo la caduta dell’ultimo Governo condotto da Silvio Berlusconi, l’ultimo esecutivo, prima dell’attuale, davvero voluto dagli italiani, è uscito dalle urne un risultato politicamente chiaro e impossibile da inquinare con manovre di Palazzo. Il trauma è stato doppio perché, oltre alla indiscutibile preferenza accordata dagli elettori alla destra di governo, Fratelli d’Italia e alleati sono giunti alla guida della Nazione grazie a una solida leadership femminile.

Per chi crede, da sinistra, di essere l’unico depositario dei diritti delle donne, è inconcepibile che sia stata proprio la destra conservatrice a esprimere il primo Presidente del Consiglio donna della Storia d’Italia. Lo shock è stato ed è, visto che PD e soci si trovano tutt’oggi in una condizione nella quale la lucidità non è all’ordine del giorno. Non ci hanno preso dall’inizio e continuano a non prenderci, portando avanti una opposizione caratterizzata dal pregiudizio ideologico e dall’odio ad personam, e allo stesso tempo incapace di condizionare il dibattito pubblico perché sempliciotta, banale e infarcita di retorica prevedibile. Da quando Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi, le sinistre hanno superato elettoralmente il centrodestra solo in tre occasioni, vincendo di pochissimo le Regionali in Sardegna e giocando facile in Emilia Romagna e Umbria, terre rosse da sempre, nonostante le alluvioni e il malgoverno piddino che ha reso più devastanti tali calamità. Per il resto, il centrosinistra o campo largo che dir si voglia, di PD, M5S, AVS e rimanenti cespugli, non tocca palla, mentre Fratelli d’Italia e il centrodestra continuano a essere maggioritari nel Paese e ad accrescere il consenso, come certificano tutti i sondaggi e come abbiamo visto attraverso numerose consultazioni elettorali tenutesi dal 2022 a oggi.

Quando si ha l’onere di governare può succedere di dover prendere delle decisioni, se non impopolari, almeno conflittuali con le istanze di alcune categorie o di limitati strati della popolazione, perciò, diviene talvolta fisiologico un ridimensionamento del bottino di voti iniziale. Ciò è capitato anche a leader e statisti di un certo spessore, (Winston Churchill perse le elezioni dopo aver vinto la Seconda guerra mondiale), ma gli italiani credono sia giusto mantenere una fiducia maggioritaria verso Giorgia Meloni e il Governo perché hanno riscontrato in questi ultimi due anni un impegno senza precedenti da parte della premier e dei ministri dell’esecutivo.

Il Governo Meloni è entrato in carica fra la fine del Covid e l’inizio della guerra in Ucraina, ovvero, ha preso le redini della Nazione in una congiuntura terribile, funestata inoltre da preoccupanti spinte inflattive e crescita inesistente, eppure, ha prodotto più risultati la destra meloniana in due anni che il PD in un decennio. La numero uno di Palazzo Chigi non si è mai risparmiata, è stato fatto finora il possibile per imprimere una netta discontinuità con l’immobilismo degli ultimi dieci anni e lo sforzo diligente contrassegnerà anche il resto della legislatura, nella convinzione granitica che gli italiani non abbiano scelto Giorgia Meloni per farle scaldare la sedia nella stanza dei bottoni. Sinistre e radical-chic, dopo aver incassato la delusione di un risultato politico che ha messo in soffitta governi tecnici e innaturali, hanno sperato che la Meloni premier durasse soltanto pochi mesi, facendo circolare la storiella della “borgatara” di destra, molto esperta nel fare opposizione, ma di fatto incompetente e finanche timorosa di fronte alle complessità della Nazione.

È accaduto sinora l’esatto contrario e Giorgia Meloni sta dimostrando sempre di più di possedere maggiore fermezza e razionalità rispetto a coloro i quali hanno bivaccato a lungo nei palazzi del potere. Sempre gli stessi hanno previsto, strumentalmente, catastrofi economico-finanziarie e l’isolamento internazionale dell’Italia, dovuti al Governo dei “populisti e sovranisti di estrema destra”. Oltre allo spread sempre sotto controllo e all’andamento lineare del processo legato al PNRR, l’economia e l’occupazione italiane macinano record e fanno meglio, per esempio, della locomotiva tedesca. La premier Meloni ha saputo interfacciarsi con personalità anche piuttosto lontane dal conservatorismo di Fratelli d’Italia come il presidente USA Joe Biden e Ursula von der Leyen, non per arretrare su determinate posizioni, ma per mettere al bando il provincialismo, non utile nelle relazioni mondiali e occidentali, e per fare contare l’Italia, il cui contributo viene richiesto al di qua e al di là dell’Atlantico.

L’assegnazione di una delle vicepresidenze della Commissione europea a Raffaele Fitto, un altro smacco per chi vedeva l’Italia più isolata della Bielorussia, non è accettazione supina dell’idea di Europa cara a Ursula, peraltro riconfermata senza l’appoggio dei Conservatori e Riformisti guidati da Giorgia Meloni, ma è la via che permette a Roma di dire la propria con autorevolezza a Bruxelles. Con buona pace delle sinistre e dei menagrami prezzolati, il Governo Meloni non ha chiuso bottega anzitempo ed ha fatto tanto sino a questo momento, più di quanto consentisse il quadro iniziale. Pensiamo solo alla prima pulizia svolta con l’abolizione del costoso e improduttivo Super bonus edilizio e la riformulazione del Reddito di cittadinanza per la quale non è avvenuta alcuna rivolta, come invece speravano i gufi rossi. Poi, gli interventi su cuneo fiscale e IRPEF, l’avvio della riforma della Giustizia e premierato e Autonomia differenziata in campo istituzionale. Dobbiamo sperare che la sinistra continui a gufare perché poi si realizza il contrario e l’Italia ne guadagna. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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