Il viadotto Morandi si è schiantato al suolo portando con sé un conto salato di vite perdute, giovani, donne, bambini e anziani che hanno avuto come unica colpa quella di vivere in una nazione dove le cose, anche le più semplici, possono diventare complicatissime e perfino mortali. Come sempre accade, dopo il disastro, tutti adesso sembrano aver sempre saputo quello che poteva accadere, tanto che esce fuori un progetto ormai addirittura vecchio, che sarebbe dovuto servire a diminuire l’impatto del notevolissimo traffico sul viadotto, e dirottarne buona parte, soprattutto quello pesante e commerciale, verso la Valpolcevera per poi confluire sull’autostrada per Milano. Nome del suddetto progetto: la Gronda di Genova. Era il 1984. Sì, avete letto bene, 1984. Già allora si prese in considerazione l’opportunità di fare qualcosa per il viadotto Morandi che a detta del suo stesso progettista presentava delle criticità che andavano indagate attentamente ed eventualmente, corrette.
Sul sito Autostrade per l’Italia, compare un box che spiega cosa sia oggi questo progetto: “La nuova infrastruttura, denominata la Gronda di Genova, comprende 72 km di nuovi tracciati autostradali e si allaccia agli svincoli che delimitano l’area cittadina (Genova Est, Genova Ovest, Bolzaneto), si connette con la direttrice dell’A26 a Voltri e si ricongiunge con l’A10 in località Vesima. Data la complessità dal punto di vista orografico del territorio attraversato, il nuovo sistema viario si sviluppa quasi interamente in sotterraneo e prevede 23 gallerie, per un totale di circa 54 chilometri, circa il 90% dell’intero tracciato, con sezioni variabili fino ai 500 metri quadri dei cameroni di interconnessione tra gli assi autostradali. Le opere all’aperto comprendono la realizzazione di 13 nuovi viadotti e l’ampliamento di 11 viadotti esistenti. Le autostrade dell’area genovese svolgono oggi anche la funzione di tangenziale per il traffico urbano e di scambi con volumi di traffico molto elevati; in molti punti della rete si registrano flussi superiori ai 60.000 transiti giornalieri, con un’alta percentuale di veicoli commerciali. Diventa pertanto fondamentale dividere il traffico cittadino da quello di attraversamento e dai flussi connessi con il porto. Il Progetto della Gronda di Genova si pone l’obiettivo di alleggerire il tratto di A10 più interconnesso con la città di Genova – cioè quello dal casello di Genova Ovest (Porto di Genova) sino all’abitato di Voltri – trasferendo il traffico passante sulla nuova infrastruttura, che si aggiungerà all’esistente, costituendone di fatto un potenziamento “fuori sede”.
Allora non se ne fece di nulla, se non un ridimensionamento del progetto stesso che diventò “la Gronda bassa”. Anzi, no. Qualcosa avvenne: antesignane dei no-Tav, nacquero i comitati no-Gronda. Perché, diciamocela tutta, per ogni cosa che in Italia si progetta, si trovano immediatamente pletore di “bastian contrario” che hanno qualcosa da ridire – fosse anche una campagna a favore del benessere della mosca carnaria, dittero della delle Sarcophagidaee – e si oppongono. Niente di speciale, succede in tutto il mondo se non fosse che altrove, una volta che il governo o comunque chi ne ha facoltà, decide, contestatori o meno, le cose di fanno, i progetti si realizzano, mentre in Italia si bloccano, e le situazioni si perdono in lungaggini costose e infinite.
Passa il tempo, e per la Gronda Basa vengono stanziati dei fondi, 2,5 miliardi, ma il progetto viene bocciato. Si arriva così al 2012, il che vuol dire che sono già trascorsi 23 anni senza che nulla sia realmente accaduto. A quel punto l’allora Presidente degli industriali genovesi rilascia una dichiarazione che oggi suona come una nefasta predizione. Giovanni Calvini dice: “Voglio essere chiaro. Questa giunta non può pensare che la realizzazione dell’opera non sia un problema suo. Perché guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto “no”. Ma i 5stellle, che sostengono i comitati no-Gronda, rispondono a stretto giro: tramite il loro consigliere Putti: “Io allora colgo l’occasione per manifestare il mio sentimento di rabbia
rispetto a questa affermazione e devo dire anche un po’ di stupore e poi, per facilitare la cosa, indicando il mio nome e cognome: Paolo Putti, consigliere del Movimento 5 Stelle, […] ci sono anche quegl’imprenditori che io, credo, fra 10 anni,andranno a chiedere come mai si sono sperperati 5 miliardi di euro che si potevano utilizzare per fare delle cose importanti per l’industria. Aggiungo. Magari questa persona dovrebbe, prima di utilizzare questo tono, un po’ minaccioso (diciamo così) perché testualmente dice “Ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no!”, informarsi perché dice che il Ponte Morandi crollerà fra 10 anni. A noi Autostrade, in quest’aula, ha detto che per altri 100 anni può stare in piedi…” E si va avanti così. Per amore di cronaca, vengono fatti dei lavori sui alcuni tiranti del viadotto, ma niente di risolutivo o definitivo. E passa altro tempo.
Nel 2016 il dibattito è invece tra l’allora sindaco Marco Doria, e il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. Il primo è contrario alla Gronda, e dice che ormai sarebbe addirittura inutile. Il secondo, invece, è favorevole all’intervento: “Opera importante e necessaria. Avere rinviato ogni decisione sulla realizzazione della cosiddetta Gronda autostradale di quasi vent’anni è frutto di una serie grave di errori e omissioni da parte delle amministrazioni che si sono succedute in questi anni. Anzi, mi verrebbe da affermare che certi ritardi sfiorano ormai il dolo. L’opera non solo è importante, ma è necessaria”. Stessa posizione di Fratelli d’Italia e, una volta tanto, anche del PD.
Così, il progetto Gronda riprende respiro. Viene approvato anche dall’Europa, e deve essere finanziato interamente da Autostrade per l’Italia a fronte di un prolungamento della concessione che, guarda caso, è già stato concesso nel 2015 con una postilla di tre righe, inserita nottetempo nel documento finanziario, senza clamore, senza che se ne parlasse, come se si discutesse di che mentine usare e non di asset essenziale per la nazione e di una montagna di miliardi.
Ah che bel Paese l’Italia…