Elly sogna il campo largo, ma la sinistra è sempre più divisa

Elly Schlein sogna e lo fa in grande. Sogna in maniera quasi fanciullesca, si augura cose che difficilmente potranno avere effettivo seguito nel mondo reale. Auspica l’unità a sinistra per combattere la maggioranza di governo, ma non vede (o fa finta di non vedere) che in verità gli stessi partiti che compongono l’onirico campo largo sono divisi al loro interno in correnti nella stessa misura in cui i nostri vasi sanguigni sono divisi in vene, arterie e capillari. Del Pd non ci sarebbe bisogno neppure più di parlare, dal momento che le divisioni sono così numerose, e così diverse tra loro (di discendenza, di pensiero politico, di legami territoriali, di correnti nazionali) da risultare complicato anche solo enumerarle. Ma è la stessa Schlein a crederci: alla Festa dell’Unità di Pieve Santo Stefano, in provincia di Grosseto, tra un Bella Ciao e altri cori antifascisti, la segretaria del Pd ha spiegato che “veniamo da una tornata di amministrative in cui abbiamo visto vittorie importanti. Penso ai sei capoluoghi di Regione in cui abbiamo vinto delle coalizioni articolate attorno a dei programmi condivisi e a candidature credibili. È una bella notizia. Vuol dire che, a partire dalle proprie differenze, si possono mettere in campo programmi condivisi sulle grandi priorità che interessano agli italiani”. Le “importanti convergenze” tra i partiti del campo largo, secondo la Schlein, potranno costruirsi su temi quali la sanità, il lavoro “dignitoso”, l’emergenza climatica e i diritti. “L’abbiamo fatto per queste amministrative. Ha funzionato perché siamo stati insieme più forti, competitivi ed efficaci rispetto alle destre e quindi naturalmente il Partito democratico continuerà su questa strada testardamente unitaria”. Anche se, fino a qualche settimana fa, tutta questa testardaggine non si vedeva, quando il Pd non era sicuro di avere la leadership del centrosinistra.

La Sardegna già vacilla

Sta di fatto che Schlein commette l’errore di sovrapporre dinamiche locali, dunque limitate e circoscritte, al grande caos della politica nazionale di sinistra. E il problema, però, è che anche a livello locale qualcosa sta andando storto, persino laddove il centrosinistra unito è riuscito a vincere. L’unica volta, in elezioni diverse da quelle comunali, in cui il campo largo ha strappato la vittoria alla destra, è stato in Sardegna, dove venne eletta presidente della Regione Alessandra Todde, di provenienza grillina ma aperta ben volentieri al dialogo con i dem. Ebbene, anche lì dove le cose sembravano iniziate nel migliore dei modi, lì dove sembrava partire la remuntada della sinistra contro la destra (malgrado avesse poi incontrato già le pesanti batoste di Abruzzo e Basilicata), il campo largo si sta disunendo. Quel meraviglioso esperimento di tutti insieme appassionatamente vacilla come una zattera in mezzo all’oceano.

Se è questo quello che vogliono…

Questa volta, però, al Pd non sembra essere imputabile nulla. I veri colpevoli dell’elevato rischio della rottura, questa volta, sono i grillini. Il Movimento Cinque Stelle, da quando alle elezioni comunitarie non è riuscito neppure a raggiungere il 10%, è in aperta e dichiarata crisi. Crisi correntizia, con Giuseppe Conte che si sente sempre più minacciato dal fuoco amico, che tanto amico non è. Oltre la schiera di suoi fedelissimi che lo ha seguito in Parlamento, nel resto delle Regioni il Movimento pullula di personaggi che, al di là delle manifestazioni di stima di facciata nei confronti dell’avvocato di Volturara Appula, non sarebbero così spiacenti nel vedere Giuseppi cedere il proprio posto a qualcun altro. Lui lo sa ed è attento a tutto, anche alla stessa Todde, sulla quale incombe il controllo del suo fedelissimo Armando Bertolazzi il quale, secondo quanto raccontato in questi giorni dal Tempo, sarebbe riuscito a concentrare su di sé l’indirizzo del comparto sanità, facendo irritare i suoi stessi colleghi grillini e dem. Se questa, dunque, è l’unità a cui aspira Schlein…

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