Emilia, così la Regione tagliò 3 milioni di euro alla manutenzione dei torrenti

Sappiamo che molte volte le tragedie accadono e basta. Vedere la propria abitazione sommersa d’acqua, vedere la propria città, la propria realtà di campagna scomparire sotto un fiume esondato, rifugiarsi sui tetti per non nuotare in un mare di fango e di detriti, però, non possono accettare un tale alibi. È la stessa politica che non può accettarlo, specialmente se una soluzione c’era. E questa era la manutenzione di argini e corsi d’acqua, che spettava alla Regione, la quale non solo aveva a disposizione i fondi emergenziali elargiti dal governo all’indomani dell’inondazione di maggio 2023, ma avrebbe dovuto provvedere ai lavori già mesi prima.

Tuttavia, pur complimentandosi con Giorgia Meloni per la celerità del governo a stanziare nuovi fondi e per la serietà con la quale aveva preso a cuore la vicenda, Stefano Bonaccini, ora impegnato all’Europarlamento, decise di dirottare gran parte delle risorse che la sua Regione aveva a disposizione su altri lavori. Proprio i corsi d’acqua che la Regione trascurò all’epoca – siamo nel febbraio 2023 – ora sono esondati, andando a travolgere i cittadini del ravennate e del bolognese.

La mancata manutenzione

I grandi ecologisti della sinistra italiana, i tanti Bonelli sparsi per lo Stivale, hanno interpretato le esondazioni in Emilia Romagna come un gesto di ribellione della natura: il colpevole di tutto questo sarebbe il cambiamento climatico, con l’uomo che sarebbe reo di mettere i bastoni tra le ruote alla natura. Troppi argini, troppa manutenzione farebbero male ai corsi d’acqua, che andrebbero lasciati esondare per dare ascolto a Madre Natura. È una delle tante follie ambientaliste che abbiamo dovuto ascoltare in queste ore. E forse veramente c’era questo nella mente di chi decise di dirottare quei fondi, circa 3 milioni di euro, verso il nodo idraulico di Parma e Colorno. All’epoca dei fatti, Bonaccini era governatore mentre Elly Schlein, di lì a poco segretaria del Pd, aveva lasciato da alcuni mesi la carica di vicepresidente con delega al Patto per il clima, anche se forse il lascito ideologico del suo lavoro ha continuato a farsi sentire. Al suo posto succedette Irene Priolo, oggi sostituta di Bonaccini ad interim.

Il fattaccio è il seguente: come riportato su La Verità per il nodo idraulico servivano 3 milioni e la Regione ben pensò di ridurre il budget (inizialmente l’idea era quella di utilizzare la totalità dei fondi) rivolto alle manutenzione di due corsi d’acqua, il Lamone e il Sillaro, entrambi esondati una settimana fa. Per il primo, che scorre nel ravennate, erano stati stanziati 1,2 milioni di euro, ma il budget è stato poi ridotto di 933mila euro. Il Lamone ha ora superato gli argini, invadendo la frazione di Traversara, triste epicentro di questa ultima esondazione. Per il Sillaro, che invece scorre nel bolognese, erano previsti 3 milioni di euro, ma ben 2,4 milioni sono stati riutilizzati per il Parma e Colorno.

Il parere contrario degli esperti

Il risultato? Le esondazioni, con il governo che è stato costretto, nuovamente, ad agire d’urgenza a causa dell’inefficienza della Regione: Giorgia Meloni ha subito stanziato 20 milioni di euro per la Regione, e chissà se e come li spenderà questa volta. Ad aggravare le posizioni della Giunta dem, inoltre, c’era il parere contrario degli esperti del ministero dell’Ambiente, che avevano sottolineato come gli interventi per i quali Bonaccini aveva disposto il taglio, fossero urgenti e non più derogabili, e già le esondazioni di pochi mesi dopo, quelle del maggio 2023, avevano fatto emergere le criticità di quei corsi d’acqua. Sono passati quasi due anni da allora e abbiamo dovuto aspettare il loro straripamento affinché sul Lamone e sul Sillaro si accendessero i riflettori. Insomma, ogni giorno che passa, ogni notizia che trapela, lo scaricabarile della sinistra nei confronti del governo diventa sempre più debole.

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