I pm di Milano hanno smentito Il Fatto Quotidiano, che proprio ieri raccontava di un presunto contatto telefonico con Enrico Pazzali, membro di quella società, Equalize, che alcuni mesi fa è finita su tutti i giornali per i presunti spionaggi che per mesi hanno permesso di prelevare informazioni delicate su numerosi personaggi pubblici. Anche su Ignazio La Russa e sulla sua famiglia. La Russa non ha mai fatto mistero di conoscere Pazzali, ma ha negato i contatti telefonici con l’uomo, ipotizzati dal Fatto. E ora i pm gli danno ragione: non c’è stato nessun contatto telefonico tra i due, come emerge dai tabulati dell’inchiesta.
Il caso sarebbe intrecciato con il presunto stupro del figlio del Presidente del Senato: “Il punto è che però, a quella data [a maggio del 2023, ndr], la notizia non è affatto pubblica, lo diventerà solamente un mese dopo” faceva notare ieri lo stesso quotidiano. E infatti lo stesso La Russa ha chiarito che non ha mai parlato, “e ripeto mai, con Enrico Pazzali né tantomeno con imprecisati carabinieri, dei fatti di cui è stato accusato mio figlio Leonardo”. E ben si capisce anche perché “non avrei in ogni caso potuto parlarne con alcuno fino a quando (ben 40 giorni dopo) ho appreso dai giornali dell’accusa e della denuncia presentata dalla ragazza. Accusa che fino ad allora, ripeto, era a me sconosciuta. Sarebbe curioso sapere come gli “spioni”, contro cui non siamo stati teneri né io né Fratelli d’Italia con le nostre dichiarazioni, potevano conoscere qualcosa nelle stesse identiche ore in cui, secondo la ricostruzione de Il Fatto Quotidiano, la ragazza veniva visitata alla clinica Mangiagalli. Né comprendo come sia possibile adombrare chissà cosa anche su di me che, come risulta, sono stato oggetto assieme ai miei figli di richiesta da parte di Pazzali di informazioni indebite. La mia dura reazione su questa richiesta e sul comportamento di Pazzali è nota a tutti”.
Il Garante per la privacy bacchetta il Fatto
Tutto confermato, dunque, dagli inquirenti: La Russa non chiamò mai Pazzali. Lo dicono i tabulati, lo dicono logica e cronologia. Si tratta della seconda smentita in poche ore. Ieri, infatti, la società Il Fatto Spa è stata destinataria di un avvertimento formale partito dal Garante per la protezione dei dati personali in merito alla vicenda del libro “Fratelli di Chat”, in cui vengono riportati numerosissimi colloqui tra i membri del partito di Giorgia Meloni, risalenti ad anni fa e sui quali si è cercato di montare un caso – una presunta litigiosità interna al centrodestra – prontamente smantellato dalle smentite nette della premier e del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, leader della Lega. Un avvertimento formale in cui si dichiara che la pubblicazione di quelle conversazioni private tra i membri di Fratelli d’Italia potrebbe essere in contrasto con la normativa in materia di privacy, le Regole deontologiche della professione giornalistica e con i principi generali di liceità, correttezza, minimizzazione ed essenzialità dell’informazione. In violazione, in particolare, degli articoli 15 e 68 della Costituzione italiana, che difendono la corrispondenza privata a cui vengono equiparati i messaggi contenuti nei gruppi di messaggistica in cui sono presenti i vari esponenti del partito.