Secondo quanto deciso a Washington D.C. l’Iran sarà oggetto di nuove penalità da parte del Governo americano, anche considerando l’ultimo attacco perorato da Teheran ai danni dello Stato ebraico, che ha sventato con successo le ultime minacce.
Jake Sullivan, Consigliere per la sicurezza nazionale americana, ritiene che il nuovo pacchetto di ritorsioni possa affievolire la problematicità delle azioni militari iraniane, cercando di limitare il suo raggio d’azione e le misure iraniane che rischiano di peggiorare notevolmente la situazione in Medio Oriente, già piuttosto precaria considerando la crisi di Gaza.
Non è chiaro se effettivamente l’Iran si farà scoraggiare a causa di queste misure, ciò che sappiamo, riguarda la forte ostilità reciproca tra Teheran e Washington, anche considerando gli effetti dell’assassinio che ha coinvolto il Generale iraniano Soleimani nel 2020.
L’Occidente ed in generale tutti i paesi membri di NATO ED UE, non sembrano avere anch’esse un buon feeling con l’Iran, il quale ha dimostrato nel tempo di essere un paese tutt’altro che realmente democratico, ma anzi di aver adottato misure teocratiche profondamente fondamentaliste: basti pensare alle proteste delle donne iraniane a causa degli abusi subiti da parte della “Polizia Morale”, organo ben dedito a seguire le norme della Sharia.
Le sanzioni statunitensi già presenti, sarebbero dirette verso svariati ambiti, tra cui: energia, difesa, banche e settore finanziario. Nel mirino anche le proprietà di membri del governo, compreso il Presidente Ebrahim Raisi.
Gli indebolimenti voluti dagli USA, in passato, avrebbero colpito anche il Ministero del petrolio iraniano: questo argomento è piuttosto importante, anche considerando il ruolo dei combustibili nell’età contemporanea, a maggior ragione nel bel mezzo di un conflitto. Il collasso di un settore energetico come quello petrolifero, rischierebbe di lasciare l’Iran in una situazione precaria, ma Teheran potrà sempre sfruttare le risorse nucleari, considerando le centrali già presenti da tempo sul proprio suolo.
Agli appartenenti dei corpi “Quds” e “Pasdaran”, essendo considerate come forze terroristiche da parte degli Stati Uniti d’America, congelate proprietà, denaro ed investimenti.
Anche alcune aziende cinesi ed emiratine avrebbero subito sanzioni dopo aver offerto servizi e collaborazioni all’Iran: il Governo statunitense sembrava quindi voler colpire molto duramente anche i paesi BRICS in generale, probabilmente anche per affievolire la loro grande portata, soprattutto a livello economico.
Attualmente gli USA sperano di poter invitare l’UE a considerare lo stesso piano in merito alle penalità nei confronti dell’Iran: un duplicato di queste ritorsioni, effettivamente, potrebbe diventare un problema non indifferente per un paese mediorientale che sta avendo grande influenza anche nella guerra tra Russia ed Ucraina, fornendo al Cremlino i famigerati droni Shahed.
Le nuove sanzioni avrebbero azzerato tutte le interazioni commerciali tra USA ed Iran, vietando la vendite di armi ed altri strumenti militari, oltre al congelamento degli investimenti iraniani nel paese. Questo dovrebbe essere il “più ampio e capillare pacchetto” applicato dagli Stati Uniti, secondo quanto riportato in una nota del Congressional Research Service.
Il forte astensionismo iraniano e l’attuale crisi economica, dovuta a svariati fattori, potrebbero portare ad un rovesciamento di fronte, auspicato anche dagli USA; L’allarme sull’instabilità politica degli Ayatollah, arriva proprio dalla scarsa affluenza durante gli ultimi plebisciti: sembra infatti che soltanto il 40% della popolazione sia andato a votare.
Insomma, oltre all’evidente mancanza di scaltrezza da parte di Teheran, dovuta a quello che potremmo definire come l’attacco più scontato degli ultimi tempi, si aggiungono problematiche di vario genere tra cui anche le forti avversioni degli apparati occidentali. E’ piuttosto probabile che l’obiettivo di Teheran, il quale consiste nel fare leva su sentimenti come il ripudio dello Stato israeliano e l’ormai celebre “Antiamericanismo” – quest’ultimo molto diffuso nei paesi mediorientali- potrebbe non essere in grado di tenere in piedi l’equilibrio precario degli Ayatollah.