Seconda puntata del nostro approfondimento sul “Decreto Concretezza“.
Un altro aspetto che vale la pena d’esser approfondito separatamente di questo “decreto concretezza”, è quello legato ai dipendenti pubblici. Vale a dire l’articolo 2 che prevede “misure per il contrasto all’assenteismo”. Misure biometriche. Non so se è chiaro di cosa si parla… scansione retina? Impronte digitali? Non è dato saperlo. Al netto delle speculazioni girate in rete e sulla stampa, il testo non specifica di quali misurazioni biometriche si parla, verosimilmente la cosa verrà demandata ad un regolamento attuativo, ammesso e non concesso che questo decreto passi.
Ma il problema è a monte. La nostra pubblica amministrazione spesso è oggetto di tiro al bersaglio da parte un po’ di tutti. È uno sport nazionale, ammettiamolo, quello di dar addosso al dipendente pubblico, spesso visto come un miracolato fancazzista. Però aldilà delle barzellette e dei luoghi comuni, la realtà è ben diversa.
I nostri dipendenti pubblici, ad esempio, non sono assolutamente troppi rispetto ai colleghi europei. Basti guardare i dati: In rapporto alla popolazione, la percentuale di dipendenti pubblici italiana, che è del 5,18%, è più bassa rispetto ai principali Stati europei. In Francia ad esempio è dell’8,5%, nel Regno Unito del 7,9%, in Spagna del 6,4% e in Germania del 5,7%. Nel caso delle regioni, quelle italiane con un tasso di dipendenti pubblici inferiore alla media tedesca sono più della metà, 11 per la precisione.
Insomma, i nostri dipendenti pubblici in rapporto lavorano molto più di tanti altri “virtuosi” colleghi tedeschi, francesi, inglesi, ccc. Solo che le differenze sono sicuramente diverse dal punto di vista delle dotazioni, degli strumenti, dell’organizzazione, e in molti casi anche degli stipendi. E per questo non serve molto citare le statistiche: basta pensare ad una qualsiasi esperienza vissuta con la nostra PA e metterla a paragone con una analoga esperienza vissuta, ad esempio, in Inghilterra, Francia o nord Europa in occasione di un viaggio lungo, un soggiorno studio ecc.
Ma questo impatto sulla “user experience”, per usare un termine molto di moda, non dipende dall’impiegato in sé, ma il più delle volte dall’organizzazione in generale, dal vertice insomma. Ne consegue che infondo dare del fancazzista al dipendente pubblico italiano è di fatto sbagliato ed ingiusto.
Ovviamente questo non significa che non ci sia chi si “imbosca” negli uffici aspettando inerme l’arrivo della pensione. Questa gente c’è, nella PA come in fin dei conti in ogni tipo di ufficio.
Nelle intenzioni del governo gialloverde – facciamo salve almeno le intenzioni? – questo decreto si rivolge proprio a questi fannulloni. Ma la questione è decisamente tarata male. Per via di poche mele marce, infatti, non si può mettere alla berlina una intera categoria, facendola sentire schedata manco fosse un detenuto in libertà vigilata! Misure simili servono solo a far passare il messaggio verso opinione pubblica che tutti i dipendenti sono fannulloni e vanno controllati a vista! Non è semplicemente giusto. Già ci sono i tornelli in molti uffici, in praticamente tutti ci sono le telecamere davanti alle macchinette per beggiare, quindi – se davvero lo si vuole – il modo per arginare gli assenteisti c’è ed è già operativo, senza mettere in campo altre forme di schedatura vessatoria e, per altro, costosa. Perché qualsiasi sia il sistema biometrico che verrà previsto, esso avrà un costo enorme anche se il decreto – come fa notare l’ufficio del Senato che ha presentato un rapporto in merito – non riporta traccia dell’impegno di spesa.
Inoltre questa misura potrebbe risultare del tutto inefficace: il problema non è tanto far entrare a lavorare i dipendenti, compresi i furbetti, ma quanto farli lavorare! Il dramma vero è che le suddette mele marce a lavoro ci vanno pure, ma poi… stanno a braccia conserte tutto il tempo a scaldare la sedia. Quindi, di fatto, per pochi individui si rischia di umiliare una intera categoria, far passare un messaggio sbagliato, spendere una valanga di soldi per…. niente.
Sì che è concretezza questa.