Green Deal, la lezione di Trump alla Ue: no alle ideologie, anche in Europa dobbiamo tifare repubblicani

Lo ha ribattezzato “truffa verde” il “Green New Deal”, il grande piano sviluppato dai democratici e approvato dal Congresso statunitense. Lo ha definito una truffa e ha promesso di smantellarlo una volta al potere: è un Donald Trump sempre più in volata verso la Casa Bianca quello che è apparso in conferenza stampa dal suo golf club a Bedminster, in New Jersey. Le politiche green in America, infatti, hanno un peso elevato sulla vita dei cittadini comuni, tanto quanto sta accadendo in Europa: anche Oltreoceano, le derive green stanno causando ingenti danni ai risparmi delle famiglie gravando specialmente sui redditi più bassi. Imposizioni belle e buone, e anche improvvise, che pesano soltanto sui contribuenti, e che al contempo favoriscono, la maggior parte delle volte, aziende straniere.

Proprio come nel caso delle auto elettriche, ritornello fisso della Commissione europea, sempre più vicina alle teorie green con la recentissima apertura di Ursula von der Leyen ai Verdi dell’Eurocamera: l’Europa è l’unico continente che si è dotato di un piano di eliminazione (e non di riduzione) delle vetture con motore a combustione interna. Così come stanno le cose, nel 2035 sarà vietato produrre automobili che consumano benzina e altri carburanti. Chiaramente una follia. Non solo perché l’industria automobilistica europea è ancora indietro sull’elettrico, e questo porterà conseguentemente a uno spostamento forzato dei consumatori verso industrie già sviluppate in questo senso (e in primo luogo quella della Cina neo-comunista di Xi Jinping). Non solo perché, ergo, verrà ammazzato un comparto fondamentale della nostra economia, con ingenti perdite di posti di lavoro e minori investimenti. Ma anche perché l’Europa, come detto, sarà l’unico continente a privarsi di auto con motore a scoppio: quale sarà, dunque, l’effetto di una tale politica che grava su circa 300 milioni di abitanti, quando gli altri 7 miliardi che popolano questo pianeta continueranno a utilizzare normalmente le loro automobili? Anche l’America, che certamente è più avanti di noi sull’elettrico, si avvia a una tale follia. Con le pressioni sempre più forti del governo di Joe Biden sui consumatori americani. Ma intanto l’inflazione sui beni di prima necessità corre senza sosta e logora i portafogli dei cittadini statunitensi: Kamala Harris ha promesso che, se eletta, si dedicherà fin dal primo giorno in carico alla risoluzione di tale problema. Ma la risposta di Trump – e qui torniamo all’ex presidente – è stata forte: “Il suo primo giorno è stato tre anni e mezzo fa. Dove è stata Kamala sinora?”.

Il tycoon newyorkese è dunque chiaro nella sua linea: l’America non può più seguire certe derive che hanno devastato, già fin troppo, l’economia statunitense e, in generale, quella occidentale. È una lezione per i democratici di tutto il mondo: come una richiesta, netta, di destarsi dal sogno utopistico e irrealizzabile della transizione ecologica a colpi di decreti. Se c’è bisogno realmente di un cambio di passo, allora dovrà essere graduale e non ideologico: non in balia di preconcetti e di interessi altrui, ma con una chiara strategia che comprenda i bisogni di consumatori e produttori. E se i cittadini americani vedono in Trump la soluzione di questo problema, forti del fatto che ciò che si dice alla Casa Bianca e al Congresso viene poi certamente applicato, qui in Europa saremo ancora alla mercé di chi, da Bruxelles, è pienamente immerso nelle sabbie mobili dell’ideologia. Anche per noi, dunque, la speranza è che negli Usa le cose andranno meglio e che, forti della connaturata e cronica debolezza decisoria dell’Unione europea, l’influenza americana porterà dei miglioramenti anche al di qua dell’Atlantico.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.