L’anatra zoppa che per il momento si trova ancora a capo del Movimento 5 Stelle, ossia, Giuseppe Conte, ha rilasciato un’intervista a La Stampa nella quale ha toccato argomenti riguardanti gli equilibri del centrosinistra e dell’area delle opposizioni parlamentari per poi passare ad attaccare il Governo soprattutto sulla politica estera, senza dimenticare un passaggio sul suo partito, che va verso un’assemblea costituente, divenuta necessaria dopo i vari tracolli elettorali, e in merito al possibile cambio di leadership. Conte afferma di essere favorevole a proseguire il lavoro di costruzione di un’alternativa al Governo Meloni e alla maggioranza di centrodestra che lo sostiene. Quindi, il M5S va avanti nella ricerca, rivelatasi finora non del tutto semplice, del cosiddetto campo largo con il Partito Democratico, ma dal leader pentastellato, oltre a tanti altri distinguo circa un’alleanza che, a parole, dovrebbe essere vasta ed inclusiva, epperò, nei fatti, non accresce le proprie dimensioni, giunge un secco no alla prospettiva di un cammino comune fra PD, M5S, AVS e Matteo Renzi.
I pentastellati, rimarca Giuseppe Conte, hanno un particolare DNA e non possono stare con chi non ha mai mostrato vocazione unitaria, ma solo capacità demolitoria e ricattatoria. L’ex premier giallorosso non ha di sicuro seppellito il rancore per le manovre renziane che il 13 febbraio del 2021 hanno permesso a Mario Draghi di scalzare da Palazzo Chigi il Conte bis. Il leader di Italia Viva, che con il capo pentastellato ha almeno in comune il fatto di essere stato sonoramente sconfitto alle Europee di giugno scorso, non sa più dove posizionarsi per avere un posticino al sole. A destra non può andare, non gli riesce più di soffermarsi al centro, dopo le tante polemiche e divisioni con Carlo Calenda e la batosta subìta dal suo centrismo euro lirico nella lista Stati Uniti d’Europa, allora si butta a sinistra, decidendo il tutto da solo durante la partita di calcio parlamentari/cantanti, nella quale si è notato un certo affiatamento fra l’ex premier e la segretaria dem Elly Schlein.
Larga parte di Italia Viva, inclusi alcuni noti parlamentari renziani, non è per nulla d’accordo con l’ennesima piroetta di Matteo Renzi e con il fatto di tornare fra le braccia di un PD diventato massimalista con l’arrivo al vertice della Schlein, ma lui si è detto convinto dell’urgenza di unire le opposizioni di centrosinistra per impedire che Giorgia Meloni governi in eterno. Peccato che Conte non ne voglia sapere e che quella cosa chiamata campo largo fatichi in realtà ad allargarsi a causa dei veti di uno o dell’altro. Quando si riesce a chiudere una falla se ne apre subito un’altra. Renzi o meno, Giuseppe Conte ha comunque avvertito che la scelta di campo del M5S a sinistra non è garantita per i prossimi mesi. L’assemblea costituente potrebbe anche decidere l’allontanamento dei 5 Stelle dal Partito Democratico, oltre a scegliere un capo politico diverso da Conte, in effetti preso di mira da Beppe Grillo.
Oltre ai drammi, si fa per dire, del campo largo, il capofila dei pentastellati ha provveduto a lanciare qualche stoccata al Governo, che sarebbe un normale esercizio di opposizione se solo Conte non scivolasse nei soliti deliri anti-occidentali. Si sa, l’ex Presidente del Consiglio ha un debole per tutto ciò che ruota attorno agli interessi delle autocrazie, dalla Russia alla Cina, che sfidano ogni giorno le democrazie, inclusi gli integralismi islamici antisionisti e di fatto antisemiti. Giuseppe Conte dice di vergognarsi del Governo Meloni perché esso sarebbe complice dei quasi 40mila morti civili nella Striscia di Gaza, chiedendo ipocritamente il cessate il fuoco, ma essendo in pratica dell’idea di lasciare fare a Israele. Allora, seguendo il bislacco ragionamento contiano, dobbiamo ritenere che pure tutte le cancellerie europee e l’Amministrazione Biden siano responsabili dei morti di Gaza, visto che i Paesi UE e gli Stati Uniti hanno pressappoco il medesimo approccio dell’Italia nella guerra in Medio Oriente.
Già lo sappiamo e non abbiamo bisogno di ulteriori chiarimenti, Giuseppe Conte è uno di quegli “equidistanti” fra l’estremismo palestinese di organizzazioni come Hamas e Israele. Equidistanti, per non dire proprio simpatizzanti in modo strisciante dei sanguinari nemici dello Stato ebraico. Il capo dei 5 Stelle, che fa propria tutta la propaganda di Hamas sui civili morti di Gaza, vorrebbe che l’Italia andasse ad uno scontro frontale con Gerusalemme, iniziando a richiamare il proprio ambasciatore da Israele. Ma il Governo presieduto da Giorgia Meloni non potrà mai accontentare l’equidistante Conte perché, oltre a determinati moniti comunque rivolti al premier israeliano Benjamin Netanyahu, non riceve come oro colato le versioni di Hamas. A Palazzo Chigi si sa che i terroristi si nascondono vigliaccamente in quartieri residenziali e usano gli innocenti come scudi umani, e c’è la consapevolezza di un problema fondamentalista che minaccia l’esistenza di Israele e che deve essere risolto. Infine, non si dimentica che tutto sia iniziato, non da un capriccio di Netanyahu, bensì dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre del 2023.