Il dilemma su come proseguire in Ucraina mette in crisi i leader Ue   

Il sostegno europeo a Kiev è indiscutibile, ma il modo in cui proseguire è ancora tutto da decidere. C’è interesse per la proposta italiana del Vertice Ue-Usa, soluzione per un dialogo costruttivo.

L’Unione europea sta con l’Ucraina. Questo è un dato di fatto certo e non soggetto ad alcuna modifica. Lo ha confermato anche l’ultimo Consiglio Ue straordinario di ieri, le cui conclusioni, senza troppa sorpresa, hanno decretato ancora una volta l’appoggio incondizionato alla causa di Kiev, senza però operare alcuno stravolgimento politico o diplomatico sul punto.

Ma se i paesi europei concordano sul sostegno indiscusso alla causa, è sul come, invece, che non sembrano trovare una soluzione comune.  
Ed è qui che ognuno sembra andare per la sua strada. Potremmo inviare delle truppe europee al fronte? Ma quali e quante sono queste truppe? Oppure si potrebbe optare per l’ombrello nucleare anglo-francese? Queste sono solo alcune delle ipotesi messe sul tavolo e che cercano di offrire i vari attori riuniti attorno al tavolo delle trattative.

Per una pace effettiva ci vogliono soluzioni più durature e meno personalismi

Per l’Italia, come sostenuto e ribadito da Giorgia Meloni, occorre pensare a “soluzioni più durature”, che poco hanno a che vedere con una azione di ‘riarmo’, dal momento che questo termine, come ha affermato senza mezzi termini il premier “non è la parola adatta per descrivere ciò che stiamo facendo, poiché il concetto di sicurezza e concetto di difesa oggi riguarda moltissimi domini della vita quotidiana dei cittadini e non semplicemente essere dotati di adeguate armi.”

In particolare, il nostro Paese continua a prospettare l’ipotesi di un Vertice che permetta all’Ue e agli Stati Uniti di dialogare in maniera franca tra loro, ricordando che entrambe le potenze hanno bisogno l’una dell’altra per ristabilire l’equilibrio geopolitico e geoeconomico in questo complesso quadro internazionale.
È questa la soluzione portata avanti da parte italiana e su cui si sta lavorando. “Pensiamo sia utile vedersi, parlarsi, e quindi continuiamo a lavorarci. Non ci sono ancora elementi concreti, ma ho trovato molto interesse dagli interlocutori”, ha dichiarato con tono fiducioso Giorgia Meloni a latere dell’incontro di Bruxelles.

La proposta lanciata dall’Italia, ovviamente, prevede dunque che vengano messi a freno quegli inutili personalismi che non fanno che rendere il percorso verso la pace più accidentato e inutilmente complesso. È dunque ora di adottare una posizione unica a livello europeo, sulla quale convergere per una definitiva risoluzione delle controversie, guardando più di tutto all’obiettivo finale che è quello di una pace che abbia anche delle garanzie di sicurezza stabili, durature, effettive. Perché, come ribadito dal nostro Presidente del Consiglio: “In questi tre anni tutti gli sforzi che abbiamo fatto erano per arrivare ad una pace giusta, che avesse delle regole. E oggi che grazie a quel lavoro ci sono le condizioni adeguate per sedersi al tavolo, bisogna accogliere i frutti dei sacrifici che abbiamo fatto.”

Essere o non essere Europa?

Il dilemma che però ora si pone è quello se possiamo ancora agire e re-agire come una Europa unica ed unita. O se il tempo dell’Unione è finito. E, soprattutto, possiamo ancora sperare di giungere ad una posizione europea davvero condivisa, in cui i personalismi dei singoli stati, ma soprattutto dei singoli leader, possano essere accantonati per conquistare il superiore bene di una pace “che serve a tutti”? E anche se dovrebbe essere semplice, in questi tempi bui in cui tutto è incerto, è difficile dare una risposta. 

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