Domenica 6 ottobre calerà il sipario sulla 17esima edizione dei mondiali di atletica di Doah in Qatar. Si chiude un’edizione che sul piano degli spettatori e dell’attenzione degli appassionati è stata quasi clandestina. Mai manifestazione, infatti, è stata meno seguita, ma soprattutto accompagnata da enormi polemiche sulla sicurezza degli atleti o dei luoghi di lavoro dove sono stati costruiti gli impianti per gli eventi. E in particolare gli atleti sono stati costretti ad affrontare un clima a dir poco proibitivo per gareggiare. Tanti gli svenimenti e i malori che hanno colpito gli atleti, al punto da essere pronti a un vero e proprio ammutinamento.
In effetti proprio per evitare i colpi di calore si decise di spostare i mondiali a fine settembre, quindi in autunno. Chiaramente tutto a discapito dell’attenzione all’evento, visto che quasi nessuno si è accorto dei mondiali di Doah, affogato tra il campionato di calcio che riparte, i palinsesti televisivi che riprendono la solita programmazione e la voglia di chi tornato dalle vacanze si sforza di ritornare alla quotidianità.
Un flop con stadi mezzi vuoti e telespettatori in calo. Un peccato, ma è il prezzo pagato per organizzare un simile evento in posto talmente inospitale come il Qatar. Più piccolo delle isole Falkland ma che nel giro di due anni sarà teatro anche dei mondiali di calcio, nel 2022. E anche in questo caso ci sarà uno strappo alla regola: niente partite a giugno-luglio ma a novembre-dicembre. Troppo caldo in estate, anche se gli stadi saranno climatizzati.
Questo significa che i campionati di calcio delle varie nazionali saranno interrotti per celebrare quello mondiale, con il rischio con il Natale alle porte di avere pochi spettatori e uno scarso interesse.
Viene spontaneo, allora, chiedersi perchè organizzare un evento in Qatar? Per quale ragione questo ‘scatolone’ di sabbia, poco più grande della Campania, è diventato il crocevia di eventi così importanti?
La risposta è semplice: i soldi, tantissimi, di cui può disporre il regno qatariota e che gli ha consentito in questi ultimi anni di acquisire sempre più peso a livello internazionale e di conquistare, o forse sarebbe meglio scrivere ‘comprare’, coloro a cui spetta prendere decisioni in tal senso. Dietro a tutto ciò l’intento di offrire al mondo occidentale l’immagine di una Nazione evoluta e moderna, di cui ci si può fidare.
Un’immagine, non la realtà, perchè in verità il Qatar rimane un Paese fondamentalmente arretrato sul piano dei diritti umani, di quelli del lavoro (si veda le condizioni inumane nei cantieri per i mondiali del 2022) e delle donne, a cui vengono negate le più elementari libertà, tra cui quella di poter accedere allo stadio. Una Nazione dove vige il wahabismo, forma molto conservatrice dell’Islam, e che finanzia tra gli altri i Fratelli Musulmani e le formazioni politiche ad essi vicini. E attraverso Al Jazeera, il canale televisivo qatariota, spesso trovano spazio predicatori d’odio, come Yusuf al Qaradawi, vicino ai Fratelli Musulmani, e sostenitori delle teorie più violente.
E prendendo spunto da Michel Houellebecq e dal suo visionario libro, ecco la ‘sottomissione’ dell’Occidente, pronto a calpestare i suoi valori e voltare le spalle alle sue radici. L’effetto del ‘soft power’, cioè la strategia per imporre la propria influenza attraverso le grandissime risorse della finanza islamica. Una conquista dall’interno, non con i barconi, con l’acquisto di quote o di interi colossi industriali, orientandone la politica aziendale; o anche con investimenti per sponsorizzare e sostenere iniziative culturali o sportive.
Lo ha spiegato bene il primo Rapporto sull’islamizzazione d’Europa, realizzato dalla Fondazione Farefuturo e presentato lo scorso 11 settembre, questo processo di progressiva islamizzazione, evidenziando anche che nel 2100 la popolazione islamica in Italia sarà pari a quella italiana e quindi con il rischio di un possibile ‘break even’ sociale e culturale capace di dare il via libera a un processo di sostituzione nella nostra Nazione.
Gli sguardi adesso sono rivolti ai mondiali di calcio nel 2022, sperando che per allora ci sia qualche sussulto di orgoglio da parte dell’Occidente; con la consapevolezza che il processo di islamizzazione non è irreversibile, e che può essere contrastato recuperando le nostre radici cristiane. Peccato che giorno dopo giorno si faccia di tutto per dimenticarle.