“Non è un bel segnale”: così il sindaco di Milano Giuseppe Sala commenta l’addio ai banchi del Senato di Carlo Cottarelli, annunciato dallo stesso economista con una lettera a Repubblica.
L’economista, entrato in Parlamento col PD alle ultime elezioni, già commissario straordinario del governo Letta per la revisione della spesa pubblica, ha deciso di rinunciare alla sua carica e di non unirsi al gruppo misto (“non sarebbe giusto – spiega – anche perché sono stato eletto col proporzionale e quindi senza una scelta diretta sul mio nome da parte degli elettori”) per dedicarsi all’insegnamento.
Rimbombano forti le sue parole tra le mura del Nazareno: “È innegabile – scrive – che l’elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo. Ho grande stima di Elly Schlein e non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra. Ciò detto, mi trovo ora a disagio su diversi temi”. La scelta di Cottarelli, del quale va riconosciuta l’onestà intellettuale, spaventa l’intero PD: l’addio di una figura di spicco, con annessa presa di distanza dalla nuova segreteria (Cottarelli aveva appoggiato Bonaccini alle primarie), dovrebbe mettere in guardia i membri del partito e tutta quell’area riformista che riconosce nel Partito Democratico la sua forza motrice. Non è la prima volta, però, che Cottarelli si allontana dalle “linee guida” del partito che l’ha portato in Parlamento: già nel febbraio scorso aveva strizzato l’occhio, da economista, all’iniziativa del governo Meloni riguardo la sospensione del Superbonus 110%, definendolo “una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato”.
Tuttavia, molti ancora sono i punti di disaccordo con la nuova segreteria a guida Schlein, come lui stesso ricorda nella lettera: “Di recente ci sono stati diversi casi in cui non ho condiviso le posizioni prese dal Pd, per esempio su aspetti del Jobs Act, sull’aumento delle accise sui carburanti, sul freno al Superbonus e sul compenso aggiuntivo per insegnanti che vivono in aree dove il costo della vita è alto, come suggerito da Valditara. Ho posizioni diverse – continua – da Elly Schlein anche sui termovalorizzatori, sull’utero in affitto e in parte anche sul nucleare”. Particolare rilievo è affidato al concetto di merito, ferocemente criticato dal PD, dando in qualche modo una piccola lezione di coerenza al partito: “Il principio del merito – scrive Cottarelli – era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi. Manca invece in quello approvato a gennaio 2023 e nella mozione Schlein per le primarie”. Tra le motivazioni del suo addio, Cottarelli scrive anche che “spesso le posizioni sono espresse “per partito preso” e i dibattiti sono solo un’occasione per attaccare l’avversario”: dunque, oltre ai temi, la distanza si basa anche sulle modalità con cui i “democratici” cercano di imporsi, cioè sulla sterile “aprioristica” che rende il PD, al pari delle altre sinistre, un improduttivo partito del no.
A dirla tutta, però, l’addio di Cottarelli non è il primo, ma anzi si aggiunge a una già folta lista: prima di lui, hanno salutato il PD Fioroni, Chinnici, Borghi, Marcucci. Si tratta, quindi, di una vera e propria fuga dal Partito Democratico (che continuerà nei prossimi giorni) di tutta un’area di pensiero che univa cattolici, liberaldemocratici, riformisti, ma che ora svanisce sotto i colpi destabilizzanti di chi sta tentando di spostare il proprio partito verso una sinistra sempre più radicale, sempre più estrema, sempre più minoritaria e perdente, sempre più anti-italiana, distante dai veri bisogni dei cittadini.
L’estremizzazione della sinistra che Elly Schlein sta mettendo in atto, forse realmente ultimo tentativo di “rinnovamento” contro un Esecutivo quantomai forte e coeso, finisce tuttavia per mettere in fuga suoi stessi elementi di spicco. Perdere un’economista come Cottarelli significa rinunciare a una figura di spessore del mondo della sinistra: insomma, se gli stessi membri del PD non si riconoscono più nella nuova politica del partito e se vedono sgretolarsi i suoi valori portanti, altrettanto faranno i cittadini, e il PD rischierà, ancora più del passato, di perdere un’importante fetta di elettorato che si riconosce in valori del tutto opposti alla nuova segreteria.
Il “non è un buon segnale” di Sala testimonia che qualcuno a sinistra ne è al corrente, ma nel frattempo creare un’alternativa seria al governo, a questo governo, diventa giorno dopo giorno impresa sempre più ardua.