Il razzismo dei centri sociali, Askatasuna: “Bastardi negri… Come i cani”

La Digos: “Indole razzista dei militanti”. Le intercettazioni choc a Quarta Repubblica

“Siamo andati io e lui con tre negri a cercare altri due negri… bastardi negri”. “Come i cani: sempre meglio prenderli educati da adulti che un cucciolo”. “Non mi meraviglio che a turno l’Africa l’abbiano conquistata tutti evidentemente qualcosa di fottutamente genetico ci deve essere”. Queste le frasi di estremisti di destra, ah no… sono i militanti del centro sociale Askatasuna a proferirle, come si legge dalle intercettazioni della Digos mandate in onda da “Quarta Repubblica”. Proprio coloro che lottano contro ogni tipo di discriminazione, che accusano il governo di essere autoritario, si riscoprono fascisti (quelli veri), non solo violenti ma anche razzisti di professione. L’indagine giudiziaria sta mostrando il volto degli antagonisti torinesi: frasi contro i “negri”, minacce e spedizioni punitive contro gli stranieri. Dicono di battersi per i diritti di tutti: nelle proteste per Ramy gridano che “la vita di un egiziano vale meno di una collana”, si battono per la Palestina libera, contro la Tav e chi ne ha più ne metta.

Secondo gli investigatori, però, “le motivazioni antirazziste poste alla base della protesta sono totalmente smentite dalla radicata indole razzista dei militanti di Askatasuna” visti i continui “epiteti discriminatori” utilizzati per definire le persone di colore.

In un nastro del 5 maggio 2020 si sente: “Un bel negretto sano da prendere già fatto e finito da allevare come un bianco che sia già in grado di pisciare da solo, che è stato già svezzato e al massimo spendi un po’ di più a fargli un po’ di imprinting per cacciare via i complessi. Come i cani: sempre meglio prenderli educati da adulti che un cucciolo”.

Nell’informativa che la polizia ha consegnato alla procura di Torino si legge: “Le conversazioni captate hanno certificato come la solidarietà espressa, soprattutto verso gli stranieri, è stata solo apparente e del tutto strumentale ad ottenere il ‘favore’ degli stranieri e il loro contributo nelle manifestazioni di lotta contro lo Stato e le istituzioni”. “Noi non siamo la Caritas: se non c’è un minimo di impegno, che cazzo ce li teniamo a fare?”, afferma uno dei leader di Askatasuna.

I pm (nel processo a 26 esponenti del centro sociale per gli scontri in Val Susa in cui chiedono 88 anni di reclusione per associazione a delinquere) contestano anche le aggressioni e le estorsioni praticate dagli antagonisti verso gli stranieri, i quali, per vivere nelle stanze abusive di alcuni palazzi occupati dal centro sociale, sarebbero costretti a pagare una quota: “Quando sono arrivato davanti all’entrata – ha messo a verbale un testimone straniero – alcuni ragazzi che stavano fuori mi hanno circondato, altri hanno aperto il portone da dentro e mi hanno aggredito usando anche tirapugni di ferro, colpendomi più volte al torace, alle gambe e alla testa con calci. Anche quando stavo in terra”. Spedizione punitiva spiegata così da uno dei violenti: “‘Sto negro che si fa i cazzi suoi, tipo beve fuori dalla stanza. Bisognerebbe portarlo nelle cantine in quattro e picchiarlo o minacciarlo”. Sono centri di cultura dice qualcuno, sono spazi di libertà dice qualcun altro, addirittura il Comune di Torino dialoga con Askatasuna e vorrebbe intraprendere un percorso di legalizzazione del centro sociale più violento d’Italia. La verità è che il brodo di cultura di questi facinorosi è l’odio: contro le forze dell’ordine, contro gli stranieri, contro lo Stato, nascosto dietro la maschera delle lotte per un mondo migliore, senza frontiere e in cui “nessuno è clandestino”.

E la sinistra continua a titillarli…

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Alessandro Guidolin
Alessandro Guidolin
Classe 1997, piemontese trapiantato a Roma. Laureato in giurisprudenza, appassionato di politica e comunicazione. “Crederci sempre arrendersi mai”

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