Il ricordo di Ramelli ad Atreju, il dialogo contro l’odio politico: presentato il libro di Nicola Rao

L’omicidio di Ramelli raccontato in un libro: “Il tempo delle chiavi. L’omicidio Ramelli e la stagione dell’intolleranza” scritto da Nicola Rao e presentato oggi ad Atreju. Un momento dedicato della storia italiana, quella dell’odio politico che impazzava in tutta Italia e che ha mietuto troppe vittime, sia destra sia a sinistra. L’omicidio di Sergio Ramelli è forse quello più emblematico: era uno studente liceale, appena maggiorenne, che firmò la sua condanna quando semplicemente decise di dire la sua personale opinione sulle Brigate Rosse, in un compito in classe. La notizia trapelò e arrivò alla polizia morale degli estremisti di sinistra, quelli che a Milano giravano armati di chiavi inglesi pensando di essere dalla parte giusta della storia. Erano circa in 20mila, ma anche le autorità temevano maggiormente i militanti di destra: l’allora segretario del Fronte della Gioventù fu costretto alle dimissioni, come raccontato dall’onorevole Riccardo De Corato, che ha vissuto quegli anni e ha conosciuto personalmente lo stesso Ramelli.

La sua testimonianza, nella sala Marco Polo al Circo Massimo, ci ha riportato a quegli attimi. Ai momenti in cui Ramelli era in ospedale, agonizzante, con la sola colpa di essere di destra. “Vedere un ragazzo in piena salute in quelle condizioni è stato per noi una tragedia” ha spiegato. Probabilmente è stato difficile anche rivedere in quelle condizioni un amico di militanza come tanti altri. “Hanno tentato di ammazzare anche il fratello, ma è riuscito a salvarsi” ha detto De Corato, mentre “il padre aveva un bar che ha dovuto chiudere”. Si capisce, dunque, il clima: il presidente del Senato Ignazio La Russa, come riportato dal moderatore Riccardo Ponzio, presidente di Azione Studentesca, l’ha descritto come un clima “da guerra civile”. Lo stesso La Russa, insieme al fratello Romano, hanno rischiato di essere coinvolti. Chi agiva, lo faceva con l’intenzione non solo di fare male, ma di uccidere, nella consapevolezza, del tutto errata, di essere dalla parte giusta della storia, quella del comunismo, quella che faceva dire che “uccidere un fascista non è reato”, con la connivenza della maggioranza dell’opinione pubblica.

L’uccisione di Ramelli non è una ferita soltanto per la destra, ma “è una ferita per tutta l’Italia”, ha asserito Rao. Il giornalista Mario Ajello ha invitato a fare dell’omicidio di Ramelli un problema storico e non solo di parte. Quello che in realtà i giovani di destra hanno sempre cercato di fare, trovando ostacoli e censure da chi per troppo tempo ha cercato di nascondere la verità. Una verità che troppo spesso non è arrivata: troppe ancora sono le vittime per le quali non è stata fatta giustizia, sono rimasti ignoti i carnefici. Troppo volte, dunque, la politica ha avuto la meglio sulla giustizia. Il problema è andato oltre gli anni ’70: Andrea De Priamo, senatore di Fratelli d’Italia, ha raccontato la sua testimonianza, del clima di tensione che ancora si viveva negli anni successivi nel suo quartiere della Garbatella, a Roma. Ma dalle nuove generazioni è nata la speranza di riproporre il dialogo come un valore fondante della democrazia. “Rappresentiamo la generazione che ha saputo rompere un periodo di odio e di violenza” e, malgrado ancora oggi siamo parecchi gli episodi di intolleranza, “ci possiamo considerare dei privilegiati”. Atreju dunque fa parte di questa evoluzione, un modello virtuoso di confronto fatto di “tesi, antitesi e sintesi”. Quello che purtroppo è mancato per troppi anni. Valori che non possiamo dare per scontati ai nostri giorni.

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