Il sistema mafioso per entrare in Italia: mazzette per sfruttare il decreto flussi. La denuncia di Giorgia all’Antimafia

Governare l’immigrazione non è soltanto una questione di sicurezza. Lo è per quanto riguarda gli ingressi irregolari, che portano tantissime persone a varcare i nostri confini e a integrarsi male (se tutto va per il meglio) con la nostra società. È un problema – potremmo quasi dire – di capienza: lo Stato, e in generale uno Stato, non riesce a reggere un aumento così improvviso della popolazione, non riesce a provvedere, da un momento all’altro, alle esigenze sociali, economiche, lavorative di tutti gli immigrati che bussano alla porte della nostra Nazione. E non c’è da sorprendersi se tra queste fasce di popolazione male integrata e tra i loro discendenti, sia forte un sentimento di odio verso lo Stato, che viene percepito come nemico, come negligente, ma in realtà incapace, dinnanzi alla volontà di integrazione degli immigrati. Lo si può vedere nelle grandi metropoli europee, a partire da Milano, dove però il fenomeno è ancora (chissà tuttavia ancora per quanto) circoscritto, e nelle grandi capitali europee, con interi quartieri in mano a violenti.

Extracomunitari nelle mani della criminalità

Come detto, tuttavia, non è più soltanto una questione di sicurezza. C’è altro di mezzo: c’è la criminalità organizzata. E non solo nel momento in cui i migranti devono affidarsi ai trafficanti di esseri umani per salpare dalle coste africane attraverso il Mediterraneo, Anche qui da noi, in Italia, la mafia fa i suoi loschi affari con gli immigrati. Camminando per campagne, specialmente quelle del Sud Italia, a popolare i raccolti sono gli immigrati, spesse volte (non bisogna generalizzare) con contratti irregolari e stipendi da fame, che vivono in cooperative in condizioni igieniche al limite del tollerabile (si veda il caso della famiglia acquisita dell’ex Avs Aboubakar Soumahoro). E questo riguarda usualmente chi entra irregolarmente in Italia. Tuttavia, si è scoperto che molto spesso, in alcuni casi spessissimo, anche i migranti regolari, quelli che arrivano usufruendo dei decreti flussi che annualmente i governi emanano, finiscono dritti dritti nelle mani della criminalità, a svolgere lavori in nero e plausibilmente al di là dei limiti del legale.

Il sistema delle infiltrazioni mafiose

La tesi è sostenuta dallo stesso governo che, dal settembre del 2023, ha deciso di osservare con attenzione i meccanismi che si celano dietro l’arrivo dei migranti regolari. Uno studio terminato a maggio, i cui dati sono stati riportati dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante l’ultimo Consiglio dei Ministri. Il meccanismo è semplice e ben oliato: nella giornata del “click day”, i datori di lavoro possono presentare le richieste di manodopera extracomunitaria, sicché gli indicati potranno presentare la richiesta di visto e ricevere il permesso di soggiorno. Tuttavia, succede spesso che questi, alla fine, non finiscono per essere assunti in quell’azienda, utilizzando come ponte verso la nostra Nazione l’imprenditore compiacente, sul quale dunque ricade l’onere e l’onore di scegliere de facto chi debba entrare in Italia, dietro probabilmente delle mazzette a dir poco corpose (circa 15mila euro). I dati parlano chiaro e la situazione cambia di Regione in Regione: le Regioni più virtuose regolarizzano lavorativamente la maggior parte dei richiedenti asilo, con picchi fino all’80%. In basso alla classifica, però, Basilicata, Puglia, Sicilia, Molise si fermano al 30%, la Calabria al 20% e la Campania, al 6%. Campania che, delle 282mila richieste totali dell’ultimo anno, ne ha presentate 157mila. Più della metà. Qualcosa evidentemente non quadra.

La denuncia di Giorgia Meloni

E la premier giustamente dice: “La criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle domande e i decreti flussi sono utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia per una via formalmente legale e priva di rischi a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro”. Ed è lampante dunque il “collegamento forte tra organizzazioni criminali che operano nel Paese di partenza e organizzazioni criminali che operano nel Paese di arrivo”. Possibile dunque che il sistema sia stato utilizzato anche negli anni precedenti: “È ragionevole ritenere – ha spiegato – che le stesse degenerazioni si trascinassero da anni e mi stupisce che nessuno se ne sia reso conto”. Il Governo Meloni ora studia una contromossa, come ad esempio privare del diritto di richiedere manodopera extracomunitaria a quegli imprenditori che negli hanno contrattualizzato molte meno persone di quelle richieste. Una situazione dunque complessa, culminata così: Giorgia Meloni che presenta un esposto al Procuratore nazionale Antimafia per denunciare lo stato dei lavoratori extracomunitari e i frequenti casi di collaborazione con la mafia. Un segnale chiaro di voler fare le cose in modo serio.

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