Ieri è venuto a mancare uno degli attori francesi più celebri del novecento, Alain Delon, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per le sue doti caratteriali sul set e per il grande lustro conferito alle pellicole su cui ha lavorato insieme ad altri eccellenti professionisti. Un uomo che di certo ha vissuto pienamente la vita ed il conseguente successo scaturito dalle proprie interpretazioni, coronando i suoi trascorsi con una grande quantità di storie d’amore: d’altra parte un’idea comune lo vede come uno dei personaggi dalla bellezza ideali ancora oggi, così come nella sua epoca. Da tempo era affetto da un linfoma, è scomparso all’età di 88 anni nella sua dimora a Douchy.
Dichiaratamente di destra, non le mandava di certo a dire ogni qualvolta ebbe l’opportunità di esprimersi su temi politici, tanto da stringere amici con l’attuale segretaria del Rassemblement National, Marine Le Pen. Forse non sarà stato simpatico ad una certa critica di sinistra, ma c’era d’aspettarselo, d’altronde fa parte del gioco. Nonostante ciò, non pose alcun limite alle sue collaborazioni, tanto da prendere parte al cast del film Nouvelle Vague, dalla regìa di Jean Luc-Godard, noto per essere un regista molto vicino alle idee di sinistra. Una dimostrazione – tra le tante altre – che l’amore per l’arte non ha alcun prezzo e che gli unici egemoni di quest’epoca sono rimasti i progressisti, con i loro nefasti proseliti da grande schermo.
Nelle sue interpretazioni, come dicevamo, non è mancato quasi nulla, riuscì ad improvvisarsi come uomo d’azione quando ce n’era bisogno e come attore romantico all’evenienza, una miscela di tecniche più unica che rara, ad oggi difficilmente reperibile nei grandi colossi di Hollywood, costretti a ripiegare su vecchi artifici o – come già scritto in precedenza – a deviare il flusso della bellezza con gli archetipi progressisti che fanno finta di “Accontentare tutti” e che alla fine scontentano molti. Potrà sembrare ripetitiva la convinzione del cinema d’un tempo come il migliore in assoluto rispetto alla contemporaneità, ma basterebbe concentrarsi sulla carriera ed i ruoli di Alain Delon per sapere che un cult si chiama così non a caso: ad oggi sembra che di personaggi come lui ce ne sia una grande carenza.
Fu amante dell’Italia e del suo cinema, in particolare lavorò con Gian Maria Volonté, suo contemporaneo e celebre attore italiano. Riuscì inoltre a stringere amicizia con Renato Salvatori, altro attore nostrano e scomparso prematuramente. Rinomato fu il suo ruolo anche nel film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti. Il suo era il tempo in cui non c’era alcun timore di mescolare una carriera con gli altri progetti europei e con le menti dell’epoca, attualmente invece sembra che tutto debba seguire una richiesta ben precisa, tagliando fuori la sorpresa e lo stupore dalla mente del pubblico.
Confessò di essere affetto pubblicamente dalla depressione, tragica patologia di cui si parla poco nell’epoca in cui le apparenze fanno trasparire idoli fintamente perfetti o addirittura in cui si finisce ad accantonarne l’importanza sotto l’egida di un’accettazione passiva a dir poco rischiosa.
Si parla spesso di quel che gli attori lasciano al cinema, ma non si riflette quasi mai su quel che il cinema riceve in cambio dall’impegno: stavolta è il caso di dirlo, il cinema ha ricevuto da Delon una quantità esorbitante di doni inestimabili, intrattenendo e facendo innamorare il pubblico dalla sua prima apparizione nel 1957 in Godot.
Potremmo definire il personaggio di Alain Delon come l’uomo capace – dentro e fuori dalla sua carriera artistica – di poter dimostrare ancora una volta la veridicità del motto “La bellezza salverà il mondo”.