L’ennesima esternazione di Cecilia Kyenge manda su tutte le furie Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Dice la deputata europea in quota PD: “Per lunghi anni abbiamo combattuto l’apartheid altrove nel mondo, e mai ci saremmo aspettati che sorgesse qui, in Italia. Invece, negli ultimi anni, abbiamo visto consolidarsi partiti populisti, che hanno portato il Paese alla deriva fino ad indurre alcune persone a dare la caccia al nero”.
L’offesa è pesantissima, di quelle che bruciano e anche totalmente immeritata, come Cecilia Kyenge stessa, nera, può dimostrare, visto che l’Italia le ha dato tutto: accoglienza, istruzione, amore e perfino una carriera luminosissima che nessun italiano, nemmeno il più geniale e preparato al mondo, potrebbe mai sognarsi di avere in Congo. Giorgia Meloni, perciò, non ci sta. E risponde così con un twitter alla deputata piddina: “La parole della #Kyenge in questo video sono gravissime. Secondo l’eurodeputata in Italia ci sarebbe l’apartheid. La Kyenge chieda SCUSA agli italiani per questa vergognosa offesa nei confronti dell’intera Nazione!” Intanto, per chi non conoscesse bene la Kyenge, ve la presentiamo, e vi facciamo vedere come sia incredibile da parte sua gettare tanto fango su una Nazione che dovrebbe amare e non discutere.
In realtà, lei si chiama Kashetu Kyenge, ma in effetti Cecilia suona meglio, così tutti noi la conosciamo come Cecilia Kyenge, nata a Kambove, città situata nell’estremo sud del Paese, l’alto Katanga, non lontano dal confine con lo Zambia, importante centro minerario per l’estrazione di rame e cobalto, in giacimenti sfruttati dalla compagnia statale Gécamines . Considerando le ricchezze minerarie, e l’estrazione statale, non ci dovrebbe essere da quelle parti grande povertà, e comunque la nostra Cecilia nasce in una famiglia benestante, dell’etnia bakunda, con papà funzionario statale e capo villaggio, quattro mogli e 39 figli (immaginate un “ricongiungimento famigliare” di Cecilia!).
Finite le scuole superiori, che evidentemente si è potuta permettere di frequentare al suo paese, Cecilia vuole frequentare medicina all’università, ma una commissione governativa la dirotta nella facoltà di farmacia a Kinshasa. E fino a qui, a parte il giustificato fastidio che possa creare uno stato che decide per te cosa farti studiare, non ci sembra che per Cecilia ci siano gli estremi né dell’asilo politico né per la protezione sussidiaria. Nemmeno per quella umanitaria che stiamo giustamente andando ad abolire e di cui vi abbiamo spiegato l’inutilità e la dannosità.
Comunque, Cecilia non ci sta, e grazie all’interessamento di un vescovo ottiene nel 1983 una delle tre borse di studio messe a disposizione degli studenti congolesi per frequentare medicina all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, borsa di studio che, dice, non arriverà. Cecilia sì però arriva in Italia col suo visto per studenti, ospite di alcuni religiosi impegnati in attività di assistenza. Trova posto in un collegio di missionarie laiche a Modena e si laurea alla Cattolica di Roma per poi specializzarsi in oculistica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. A questo punto si suppone che il visto per gli studi sia scaduto, ma Cecilia non se ne fa un problema e malgrado potrebbe essere una grande risorsa per il suo paese se tornasse a in Congo come medico chirurgo oculista, resta in Italia dove si trova perfettamente a suo agio. Tanto bene che un italiano se lo sposa pure, nel 1994. La famigliola cresce con l’arrivo di due belle bambine e tutti vivono felici e contenti, lei oculista, lui ingegnere, e Cecilia che si dà da fare anche nel sociale (sempre a favore del Congo o comunque dell’Africa ma dall’Italia, dove è decisamente tutto più comodo), e si avvicina alla politica.
Le va talmente di lusso che, dopo essere stata consigliere a Modena per i Democratici di Sinistra, in pochissimo tempo – probabilmente proprio grazie al colore della sua pelle che proprio un handicap non ci pare – arriva ad essere eletta deputato grazie al PD e, come arriva alla Camera, propone la legge per lo ius soli. Per la verità, non si fa particolarmente amare durante il suo mandato sebbene diventi addirittura ministro dell’integrazione (guarda un po’, non sarà per la sua nascita?) e, a questo punto almeno a sentire lei, l’Italia avrebbe dovuto abbattere qualsiasi barriera e accogliere tutti i migranti che decidessero di voler venire qui. Mantenendoli, curandoli e coccolandoli. Comunque, finita l’esperienza come deputato, Cecilia si candida in Europa, e viene eletta sempre tra le file del PD. Dal sul seggio a Strasburgo che le fa mettere in tasca bei soldini tutti i mesi sempre grazie all’Italia e agli italiani, non perde occasione per attaccarci, definendoci più volte razzisti, e questo ci suona strano visto che ha vissuto in Italia per sua libera scelta e non si capisce perché, se da noi si sta così male, non se ne sia tornata dalla sua accogliente, benestante e grande famiglia a Kambove. In Congo.