Le statistiche rivelano che solo il 20% degli allontanamenti coatti dei minori, e il successivo affidamento a strutture di accoglienza o famiglie affidatarie, sono motivati da assenza dei genitori (provvedimenti carcerari, morte di entrambi i genitori), maltrattamenti o abusi. Il rimanente 80% circa avviene con la motivazione di “inidoneità genitoriale”, e purtroppo questa motivazione ha aperto le porte a innumerevoli abusi.
La storia che vi raccontiamo oggi è quella di una madre che non vede suo figlio da un anno e che da allora non si da pace, chiedendo di chiarire quale sia la sua colpa per un atto così feroce deciso da un tribunale e da un giudice, senza mai aver ricevuto risposta. Giada Giunti, lavora a Sky Tg24 e ci racconta la sua lotta di madre. Ci manda certificati, perizie, decreti: non si dà pace per quello che le è successo.
La sua storia assomiglia nelle modalità a quella di molte altre mamme, e inizia a seguito del fallimento del suo matrimonio e della conseguente separazione.
Giada lascia suo marito e la rabbia di quest’ultimo, ci racconta, si trasforma nella più terribile minaccia: quella di separarla dal loro figlio. Inizia quindi a richiedere con insistenza il collocamento del loro bambino in una casa famiglia, la denuncia anche per abbandono di minore in un circolo sportivo, dove il bambino andava ad allenarsi. “I soci del Circolo testimoniato dicendo che non avevo abbandonato mio figlio quel giorno – ha spiegato Giada- e che ero sempre con lui, ma a nulla è valso.
Al penale è stato tutto archiviato, ma al Tribunale dei minori è stata emanata l’ordinanza che ci ha fatto precipitare nell’inferno”. La denuncia alla procura della repubblica infatti viene immediatamente archiviata, ma il Tribunale dei Minori apre un procedimento che porterà, alla fine, alla decadenza della responsabilità genitoriale di Giada.
Il Consulente Tecnico d’Ufficio (perito che lavora al fianco del Giudice) rilascia una perizia dove si certifica che l’ex marito di Giada è pericoloso e con evidenti disturbi del pensiero. Le perizia che riguarda Giada invece definisce la donna “simbiotica”, nel senso che la si “accusa” solo per eccesso di affetto. E proprio con questa “accusa” il giudice minorile ordina il collocamento del bambino in casa famiglia.
È il 15 dicembre 2016 quando suo figlio viene prelevato da scuola e portato in una casa famiglia. Da quel momento rimane sette mesi nella casa-famiglia e inizia un inferno fatto di incontri protetti frustranti per mamma e bambino. Alla fine Giada riesce a farlo mandare a casa di sua madre a Massarosa (Lu), dove rimane per due anni, fino al settembre del 2019, perché a luglio, suo figlio viene affidato all’ex marito, sulla base di quelle che lei definisce false relazioni di un’assistente sociale che dichiara che il bambino desiderava vivere con il padre.
Giada è disperata, al bambino viene persino prima sequestrato il cellulare poi dato un altro numero affinché nessuna persona (neppure amici e parenti) potesse contattarlo. Giada da allora non vive più, avverte che l’ex marito è un uomo pericoloso, come diagnosticato più volte anche dal CTU del TM. Inizia così a depositare numerosi atti, “richieste di provvedimenti urgenti, 709 ter, inascoltati, circa tremila pagine e duecentosettanta documenti. Spende quasi 164 mila euro e deve ancora pagare circa 84 mila euro in spese processuali. Ha un buon lavoro ma ha perso anche la casa coniugale a lei assegnata dal giudice della separazione ci fa sapere.
“Era stato chiesto agli avvocati di ascoltare anche mio figlio che adesso ha 14 anni. Lo stesso giorno dell’udienza è stata deciso il rigetto e la riconferma della sentenza del 31 luglio scorso sulla base della falsa relazione del servizio sociale che dal 31.7.2019 mi ha impedito di incontrare mio figlio (nonostante il decreto lo prevedesse), incorrendo in reato penale. Erano stati depositati documenti probanti, come pure le lettere scritte da mio figlio in cui chiedeva di tornare a vivere con la sottoscritta e di avere terrore del “padre”, messaggi, audio, le videoregistrazioni delle violenze, delle dichiarazioni di violenza di mio figlio alla CTU (tramite videoregistrazioni), le violenze delle CTU ed educatori su mio figlio, relazioni di noti psichiatri come il Prof. Alessandro Meluzzi, PM del TM, varie relazioni, vario altro materiale. Tutto materiale che non è stato preso in considerazione e mi hanno condannato al pagamento di altre 10 mila euro di spese processuali e all’assegno di mantenimento per mio figlio da accreditare sul conto corrente del mio ex marito che, peraltro, è in debito con me di ben 80 mila euro”.
Il problema dell’allontanamento dei figli minori dalle proprie madri è un fenomeno che pur se venuto alla ribalta della cronaca per i noti fatti di “Bibbiano”, non coinvolge solo quell’ area, ma riguarda tutta Italia: un serpente che si sta insinuando nelle istituzioni per creare un enorme business.
L’on. Maria Teresa Bellucci di Fratelli d’Italia, la scorsa settimana ha fatto un intervento di fine seduta alla Camera, proprio a seguito del rinvio a giudizio di 24 persone per l’inchiesta Angeli e Demoni e della fissazione dell’udienza preliminare per il 30 ottobre. In quell’occasione ha chiesto anche l’intervento della presidenza della Camera per calendarizzare l’esame della proposta di legge di costituzione della commissione d’inchiesta sugli affidi e le case famiglie a fronte di un problema che riguarda tutta l’Italia circa gli affidi illeciti.
Questa mamma racconta di aver recentemente ottenuto risposta dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che all’interrogazione parlamentare presentata dell’on.le Veronica Giannone ammette ” il pieno diritto di ascolto del minore considerato che nel caso trattato sembrerebbe essere completamente trascurata la volontà di quest’ultimo”, facendo anche un excursus delle leggi che non sono state rispettate nel caso di Giada: Convenzione di Strasburgo, New York, Istanbul. Le donne vittime di violenza, ci ricorda il Ministro posso appellarsi agli artt. 342 bis c.c., 736 bis c.p.c. art. 330 e 333 c.c. ed anche questi non sono stati presi in considerazione.
“Dall’agosto del 2019 non ho più visto mio figlio, solo una telefonata ogni settimana di appena venti minuti.. Il 16 luglio 2020 ci sarà un’altra udienza, e la mia speranza è che mio figlio possa avere Giustizia: il ritorno dalla sua mamma”.
Questo dei “figli strappati” sta diventando purtroppo un argomento sempre più presente. Su Facebook sono tanti i gruppi e i comitati di mamme disperate che ci parlano dei loro figli “rubati”. Raccontano di assistenti sociali troppo interventisti, di psicologi disattenti, di una magistratura flemmatica, di interessi economici. E di errori giudiziari sempre più frequenti. Il minimo che possiamo fare è richiedere trasparenza e verità per queste storie.