L’Országház, il Parlamento ungherese, nel quale Fidesz, il partito del Primo Ministro Viktor Orbán, detiene la maggioranza assoluta, ha approvato ieri la cosiddetta legge “Stop Soros”, che punisce come reato penale e con pene detentive fino a un anno di reclusione le organizzazioni e le persone fisiche che aiutino ad entrare o a permanere su suolo ungherese immigrati irregolari, che non abbiano dunque i requisiti per poter fare richiesta di asilo politico.
La maggioranza preme ora per un’altra legge, di riforma della Costituzione, nella quale si introduca il divieto di far entrare o aiutare ad entrare e a permanere in Ungheria di “popolazioni aliene”, ossia quelle che culturalmente sono distanti dalle tradizioni, dalla storia, dalle radici europee e magiare. Si proporrebbe così, per la prima volta in Europa, una riforma della Legge Suprema di uno Stato membro dell’Ue in chiave identitaria. Nel testo della legge si legge “Abbiamo bisogno di un piano d’azione per difendere l’Ungheria”.
Colpita, dunque, la Open Society di George Soros, con il quale il premier magiaro ha giocato una lunga partita di mosse e contro mosse, che ha dovuto abbandonare il Paese.
Immediata la reazione e dure le critiche da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che, in un appello rivolto all’Ungheria, ha chiesto l’immediato annullamento delle leggi, ritenendo che esse, laddove rimanessero in vigore “toglieranno ogni diritto da chi fugge da guerre e rischio di morte e al tempo stesso infiammeranno un dibattito politico già caratterizzato da forti pesanti toni xenofobi”.
Né il Premier né il Parlamento sembrano, però, intenzionati a fare passi indietro rispetto a leggi che, almeno per il momento, non sembrano ledere i diritti garantiti a livello internazionale, ossia la possibilità di richiesta d’asilo e di ottenere lo status di rifugiato né tantomeno di proibire o perseguire in alcun modo chi immigra regolarmente.