La Camera Federale di Cassazione Penale de la Republica Argentina ha accolto il ricorso della difesa d’ufficio e ha disposto la libertà di Leonardo Bertulazzi, arrestato lo scorso agosto, dopo la revoca del suo status di rifugiato politico. In particolare, il tribunale – con una decisione a maggioranza di due voti contro uno – ha rilevato che non era stato valutato adeguatamente il radicamento del cittadino italiano residente nel paese né il suo status di rifugiato ancora in vigore. Bertulazzi è un ex membro delle Brigate Rosse ed era stato condannato in Italia a 27 anni per reati di terrorismo.
La decisione è stata presa dalla Seconda Sezione del massimo tribunale penale del paese, con la firma dei giudici Alejandro Slokar e Angela Ledesma e il dissenso di Guillermo J. Yacobucci. Il giudice Slokar ha dichiarato che la decisione della Camera Federale non aveva preso in considerazione le circostanze personali del richiedente, le quali avrebbero potuto giustificare la concessione della libertà. Inoltre, ha sottolineato l’esistenza di un forte radicamento di Bertulazzi, evidenziando che “vive insieme alla moglie da vent’anni nello stesso domicilio di cui è proprietario e il 7/10/2004 era stato riconosciuto come rifugiato dal Potere Esecutivo”.
Bertulazzi era stato riconosciuto come rifugiato politico il 7 ottobre 2004 dalla Commissione Nazionale per i Rifugiati (CONARE) e, in virtù delle sentenze della Corte Suprema in merito all’estradizione di persone condannate in contumacia, era rimasto in libertà. Con le facoltà delegate dalla Legge Base, il governo attuale ha modificato la CONARE tramite il decreto n. 819/2024, includendo un rappresentante del Ministero della Sicurezza tra i cinque membri titolari. Di conseguenza, il 29 agosto 2024 è stato dichiarato il cessato riconoscimento dello status di rifugiato e, nello stesso giorno, è stato arrestato presso il suo domicilio, in seguito a una nuova richiesta di estradizione da parte dell’Italia, ripetizione di quella presentata nel 2002.
In Italia è ricercato per la condanna per i delitti di sequestro di persona, associazione a delinquere e possesso e uso di armi da guerra, delitti legati al suo ruolo nelle Brigate Rosse e specificamente il suo ruolo di fiancheggiatore nel sequestro dell’ex primo ministro Aldo Moro, rapito e ucciso nel 1978. “Bertulazzi è responsabile di crimini che hanno attentato ai valori democratici e alla vita di molteplici vittime”, aveva dichiarato il Ministero della Sicurezza.
L’arresto era stato effettuato a fine agosto, su ordine della giudice María Servini, con l’intervento del personale della Divisione Investigazioni Federali su Fuggitivi ed Estradizioni di Interpol e del Dipartimento di Investigazioni Antiterrorismo della Polizia Federale Argentina. Al momento dell’arresto, era in possesso del passaporto del fratello.
“Il detenuto era già stato catturato in Argentina nel 2002, ma godeva di una risoluzione di rifugiato che aveva impedito la sua estradizione in quel momento. Grazie alla collaborazione internazionale e al lavoro meticoloso del Governo Argentino, si è riusciti a chiudere questo capitolo e a porre fine alla sua situazione di impunità”, era stato comunicato ufficialmente. “Questo arresto riflette l’impegno dell’Argentina verso i valori della democrazia e dello Stato di Diritto, e dimostra al mondo la ferma decisione di non convivere con assassini impuniti. Inoltre, sottolinea la necessità di evitare che istituzioni progettate per proteggere persone in situazioni di vulnerabilità siano sfruttate indebitamente da criminali che attentano contro la pace e le istituzioni democratiche”.
Giorgia Meloni aveva espresso il suo “profondo ringraziamento” alle autorità argentine e sottolineato che l’arresto era stato possibile grazie a una “intensa e fruttuosa” collaborazione tra i due paesi, nonché con l’agenzia Interpol.
Ma la felicità è durata poco e la corrotta giustizia di sinistra, che protegge gli assassini, ha scritto un altro capitolo nel suo vergognoso libro di misfatti.