Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, chiude l’anno con un’intervista rilasciata a Il Giornale.
Tra stoccate agli avversari e riflessioni di ampio respiro, La Russa traccia un bilancio del Governo Meloni, che descrive come “un esecutivo stabile e credibile, capace di imporsi non solo in Italia ma anche in Europa”.
Al centro delle sue riflessioni anche le accuse ricevute da Matteo Renzi e i nodi sulla giustizia.
La Russa, avvalendosi di una metafora calcistica, elogia il presidente del Consiglio, definendola “la Messi della politica“.
“Quello che lei chiama fortuna è piuttosto la sua capacità di emergere come una gigante nel confronto con gli altri leader europei. La stabilità e la credibilità che ha dato al governo sono elementi distintivi”.
Poi, la stoccata a Renzi.
Il senatore di Italia Viva infatti, lo aveva accusato, due giorni prima, in merito alla norma sui compensi per le conferenze in Paesi che non rispettano pienamente i diritti umani, definendolo ironicamente “sordo per l’età”.
Il Presidente del Senato, agli insulti gratuiti, ha replicato:
“L’età? Non la nascondo, anzi gli auguro di arrivarci come me, in crescendo. Ma promette male, visto che è passato dal 40% al 3% dei voti. Non mi sono offeso, ma speravo in qualcosa di più originale da lui. Il termine ‘camerata’? Una provocazione debole, segno di decadimento”.
Poi ha aggiunto, sull’intervento di Renzi in aula:
“C’era una disattenzione generale mentre parlava. Difendeva legittimamente i suoi redditi guadagnati all’estero, ma i senatori entravano e uscivano dall’Aula. Questo lo ha mandato in bestia, soprattutto perché c’era la diretta Rai”.
La Russa ha poi riconosciuto la necessità di una riforma del bicameralismo:
“Per la legge di Bilancio, da anni vige la prassi che una Camera la scrive e l’altra la subisce. Quest’anno è toccato a noi subirla, ma il prossimo anno faremo la nostra parte”.
Il nodo della giustizia: il duplice ruolo del carcere
Sul tema della giustizia, La Russa ha sottolineato che il Governo non è contro i magistrati, ma ha sostenuto la necessità di una riflessione sull’efficacia del sistema penitenziario:
“Il carcere deve avere una doppia funzione: educativa e rieducativa. Se riusciamo a garantirle entrambe, non ci sarà bisogno di amnistie o indulti. Se invece falliamo, a volte sono strumenti necessari”.
Il Presidente ha poi ricordato Paolo Borsellino e Piercamillo Davigo, definendolo come “il magistrato più preparato”.