La sinistra torna comunista e chiede l’uscita dalla Nato

Siamo nel 2024. La caduta del muro di Berlino, quell’orribile separè che sezionava una città, una Nazione, un continente, l’intero mondo in due parti opposte, nemiche e avversarie, si accinge a raggiungere la soglia del 40esimo anniversario. Una fine causata un po’ dal progressivo indebolimento del sistema di società comunista che collassò su sé stesso, ma anche dall’altrettanto progressiva apertura del popolo (ma pure dei leader) sovietici verso il modello occidentale. Anche i comunisti italiani iniziarono a capire, negli anni Ottanta, che la libertà poteva essere l’unica vera soluzione a livello non solo sociale ma anche economico. Un’apertura che progressivamente ha avvicinato la Russia agli Stati Uniti nei primi anni 2000, salvo poi tornare quello stato di freddezza e di tensione culminato nello scoppio della guerra in Ucraina.

Per qualche voto

Un intero secolo, il secolo definito “breve” da Eric Hobsbawm, ricco di evoluzioni e rivoluzioni, che sono servite a capire una verità fondamentale: l’uomo ha bisogno di libertà. Anni di fatti, di avvenimenti e di insegnamenti che, tuttavia, oggi rischiano ripetutamente di andare perduti, sotto i colpi imperterriti di chi, per un mero calcolo politico, per racimolare il voto di quei pochi nostalgici, comunisti incalliti, sarebbe felice di vedere l’Italia al di fuori di quell’alleanza occidentale, la Nato, che è, sopra ogni altra cosa, garanzia di sicurezza.

Definiamo prima i nostalgici: tutti quelli che vorrebbero impedire agli altri di parlare, quelli che pensano che la verità sia la loro e che non debba essere messa in discussione. Quelli che vorrebbero bloccare il normale iter democratico, che bloccano le strade, prevaricano con la forza, attaccano i poliziotti e fanno violenza nelle università. Quelli insomma che non hanno imparato la lezione della storia: il comunismo è fallito e ogni sua applicazione è una degenerazione. A tutti questi, dà fastidio che l’altro dica la propria e dunque, inevitabilmente, il loro modello di società di riferimento non può essere la libertà. A loro si rivolgono, mai direttamente, le parole di chi strizza l’occhio alla Russia di Putin, alla Palestina di Hamas, alla Cina di Xi Jinping.

L’alternativa comunista del campo largo

Nicola Fratoianni, il leader più di sinistra in Parlamento, ha tenuto a precisare all’Ansa che la Nato “è un’alleanza che risale a un altro tempo, e la sua funzione è stata raramente di stabilizzazione”. In altre parole, oramai anche i comunisti di una volta, quelli in politica, avevano compreso l’importanza dell’alleanza Nato e ora, nel 2024, con circa mezzo secolo di ritardo, Fratoianni la vorrebbe abolire. E come lui, così anche un candidato del PD alle europee, Marco Tarquinio, ex direttore dell’Avvenire: “Sciogliamo la Nato” ha detto, asserendo che servirebbe piuttosto un’alleanza nuova e tra pari. Schlein, la sua segretaria, parla invece di “autonomia strategia” dell’Europa nella Nato, che significa ben poco in un’alleanza che comporta anche degli obblighi. A completare il quadro i grillini del Movimento Cinque Stelle, che non hanno mai espresso belle parole nei confronti degli statunitensi. Ora Conte dice la Nato “va riformulata”, fa il prudente, ma i presunti rapporti con la Cina dicono tutt’altro. Questa dunque è la sinistra italiana, questo è il campo largo, l’alternativa alla destra: pur di racimolare qualche voto, pur di creare un’alternativa, tentano il tutto per tutto e strizzano l’occhio agli oppositori della libertà.

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